15 MARZO 2011- 15 MARZO 2021 Dieci anni di guerra in Siria
Proprio oggi ricorre questa triste ricorrenza, il decimo anniversario di quella che, a detta del mondo intero, è una tragedia di dimensioni inestimabili, un lungo conflitto che coinvolge diversi stati, popolazioni, etnie, gruppi religiosi, popolazioni diverse, con vari colpi di stato, integralisti islamici, invasori, oppositori degli invasori, ribelli, gente comune, bambini innocenti. Un immenso carnaio il cui eco risuona lugubre nelle nostre orecchie distratte. Dieci anni che magari per noi sono volati fra avvenimenti e fatti che hanno lasciato l’Italia alquanto distaccata e lontana dal coinvolgimento con la guerra in Siria, nel 2011 eravamo effettivamente distratti e presi dagli eventi politici, ad esempio, dal passaggio dall’ultimo governo di Berlusconi, a quello del beneamato Monti (chi potrà mai dimenticare la scure che si abbatté sull’Italia con le azioni di quel governo, in primis la stupenda riforma delle pensioni della indimenticabile Fornero). Ecco, ammettiamo che magari queste disgrazie nostrane, ci hanno certamente disorientato e fatto considerare quello che accadeva in Siria poco e quel poco anche male (soprattutto male, perché il film di cui vi parlerò ci svela che le comunicazioni con i cronisti ed i reporter europei sono state di fatto vietate, in barba ai vari decreti internazionali sulla libertà di stampa), notizie di stato, filtrate e date con il contagocce. Ma comunque in questi dieci anni, diciamolo chiaramente, non è che si sia poi sentito tanto clamore e sdegno a livello internazionale, per la tragica sorte che era toccata al popolo siriano, quel conflitto scoppiato proprio il 15 marzo 2011, che ad oggi invece, lascia dietro di sé il dramma di 12 milioni di sfollati e di circa 500 mila morti. Dopo la distruzione perpetrata in questi dieci anni, ha lasciato più del 50% della popolazione senza cibo, si soffre la mancanza di prodotti di prima necessità, di alimenti, di acqua, di gas per cucinare, di luce elettrica nelle abitazioni, senza contare la carenza di cure sanitarie e di ospedali e di istruzione.
Proprio ieri Papa Francesco nella sua preghiera, ha ricordato questo popolo arrivato allo stremo delle forze ed ha chiesto che la luce della ragione scenda sui governanti, sugli invasori, sui ribelli e su tutti coloro coinvolti in questo bagno di sangue. Ha invitato tutto il Medio Oriente a cercare una soluzione percorrendo la via della pace, impegnandosi in un percorso di accoglienza, condivisione ed aiuto, implorando la comunità internazionale ad un impegno costruttivo e solidale, nella speranza che “deposte le armi, si possa ricucire il tessuto sociale e avviare la ricostruzione e la ripresa economica”, infine ha lanciato un appello accorato affinché “ si manifestino segni di buona volontà, così che possa aprirsi uno squarcio di speranza per la popolazione stremata”
Proprio per ricordare il triste lutto perpetrato durante questi lunghi dieci anni in Siria, ecco che viene trasmesso in questi giorni, il film “Alla mia piccola Sama” della giornalista Waad Al-Kateab, un film di denuncia sulla realtà siriana, vissuta da lei e da suo marito Hamza Al-Kateab in prima persona. Montato con l’aiuto di Edward Watts, la produzione di Channel 4 ed il patrocinio di Amnesty International, nominato agli Oscar 2020 come miglior documentario, nel 2019 è vincitore di molti premi, il film lascia sconvolti di come sia stato possibile calpestare così impunemente, le basilari norme di rispetto della legge, di rispetto della appartenenza a etnie e religioni diverse, ma fondamentalmente del rispetto della vita. Le immagini raccontano la vita di Waad, donna, madre e giornalista siriana che dal 2012 comincia a filmare le rivolte di Aleppo, quando ancora ventenne studentessa di marketing, prende parte alle rivolte studentesche. La città tenta di resistere, non vuole cedere e combatte, la loro vita va avanti mentre lei filma, giorno dopo giorno, la protesta contro la dittatura di Hassad. Grazie alle sue immagini, collezionate giorno dopo giorno e inviate a Channel 4, televisione inglese che accetta di pubblicarle i reportage, vediamo come la popolazione subirà ogni tipo di repressione da parte del regime, il quale ha come unico obiettivo l’eliminazione totale di quelli che considerano “ribelli”, ma che in realtà sono solo cittadini che non condividono le stesse idee. Il regime ha lo scopo di eliminare totalmente la popolazione che non lo appoggia e non si ferma davanti a nulla: dal bombardare ospedali ed ambulanze, ai rastrellamenti e le torture di massa, dagli attacchi con gas venefico, ai cecchini sui tetti. Tutto è loro consentito senza limite, senza remore e senza scrupolo, usando ogni tipo di arma di devastazione. Grazie ai suoi video, ed a Channel 4 con cui ha collaborato dal 2016, il mondo intero ha potuto conoscere gli orrori di quella repressione perpetrata sotto gli occhi indifferenti delle nazioni. Grazie a Waad Al- Kateab noi tutti abbiamo avuto la possibilità di farci un’idea delle bugie e delle verità distorte che venivano raccontate al mondo, questa infatti è la sua storia raccontata dalle immagini raccolte nel film: Waad studentessa bella e allegra che partecipa attivamente alle proteste pacifiche, fa parte di un gruppo di volontari medici ed infermieri legato a Hamza, un giovane laureato in medicina che con grande dedizione si dedica a curare i feriti che gli vengono portati quotidianamente. Con immenso coraggio, il ragazzo tira su un ospedale da campo dopo l’altro, cercando edifici abbandonati da adibire a pronto soccorso e con lo scorrere delle immagini ed il passare dei mesi, ci rendiamo conto di come la città viene sistematicamente distrutta dai bombardamenti da parte degli aerei russi. La loro relazione si trasforma nel tempo, la condivisione degli stessi ideali, li unisce indissolubilmente e tra atrocità quotidiane ed il sangue che scorre a fiumi, i due si sposano, si sistemano a vivere in un appartamentino con un delizioso giardino nel quale piantano fiori profumati, alberi e piante verdi e rigogliosi che contrastano con la devastazione generale e le rovine della città intorno a loro, insomma cercano di ricreare il mondo che desidererebbero nel loro piccolo rifugio d’amore, mettono al mondo Sama. Nonostante la vita che cresce nel suo grembo, Waad rimane in prima fila, determinata ad informare tutta l’opinione pubblica di quel massacro, continuando a riprendere gli orrori che il gruppo affronta ogni giorno all’interno dell’ospedale. Oltre alle immagini trasmesse in tv, la ragazza riprende anche parte della sua vita, le sue giornate, il suo sguardo d’amore, la sua paura, la pancia che cresce, il parto e poi la figlioletta Sama che cresce abituata ai raid aerei, al crepitio delle bombe ed alla vita difficile dei ribelli. La sua voce narrante, ci racconta i pensieri più drammatici, soprattutto l’ansia che vive per aver scelto di mettere al mondo un essere umano in un contesto così terribile. Sono pensieri tremendi soprattutto se fatti da una madre che ha appena partorito. La bravura della regia sta sia nel coraggio dimostrato durante le riprese, che nell’ottimo montaggio dei vari video, sapientemente scelti insieme ad Edward Watts, che seguono un filo conduttore e ci fanno rivivere gli orrori di quell’assedio. Waad sa come comunicare con noi da inviata di guerra, ma sa anche cogliere il lato poetico della vita, infatti, non solo ci racconta il suo amore per il marito e per la figlia, ma con un delicato sguardo ottimista, ci mostra insieme a tanti orrori, anche le cose belle della vita, un barlume di speranza, il sorriso dei bambini, le risate dell’amica, il suo giardino in fiore.
di Silvia Amadio