Incapaci di guardare avanti

Le società occidentali di oggi sono ben diverse da quelle che, nella seconda metà del secolo scorso, si lasciavano alle spalle le tragedie della seconda guerra mondiale. Tanto allora erano aperte e fiduciose, e per questo capaci di conquistarsi decenni di progresso e sicurezza, quanto oggi sono spaventate e poco sicure di sé.

Incapaci di guardare avanti, credono di proteggersi erigendo muri.

Certo, i motivi di preoccupazione non mancano. Le migrazioni causate dai conflitti, dalle repressioni e dalla povertà. L’insicurezza economica e sociale. La pandemia di covid19.

Tutti problemi reali che, però, la gran parte delle classi dirigenti non intende risolvere. Anzi, lavora alacremente per accrescere la paura ed utilizzarla a proprio vantaggio.

Ma chi sono questi imprenditori dell’angoscia? Sul proscenio vediamo agitarsi una certa politica che su quei timori costruisce le proprie fortune elettorali ma è sul fondo della scena, lontano dai riflettori, che si muove il vero primattore: il complesso militare-industriale.

Infatti, anche se il discorso pubblico – per interesse o per ignavia – sottace la questione, quello della costruzione dei muri, delle recinzioni e dei blocchi navali è un vero, grande, business.

Basti pensare che, come riporta un rapporto del Transnational Institute del 2019, se nel 1989 le barriere fisiche nel mondo erano sei, oggi sono ben 63.

Muri sorgono tra le città di Ceuta e Melilla per dividere la Spagna dal Marocco. Altre barriere dividono la Turchia dalla Grecia e dalla Bulgaria. Ben 175 chilometri di recinzioni in filo spinato sono state costruite ai confini tra Ungheria, Serbia e Croazia. La Lituania, la Lettonia e l’Estonia hanno eretto barriere sul confine con la Russia. La Grecia ha costruito il suo muro, 40 chilometri, alla frontiera con la Turchia che, da parte sua, ne sta costruendo uno lungo il confine con l’Iran che va ad aggiungersi a quelli che la separano dalla Siria e dall’Iraq.

Ovviamente il business non si ferma ai muri e alle recinzioni elettrificate. Ci sono anche i sistemi di monitoraggio e di pattugliamento, come quelli lungo i 4.750 chilometri dei confini del Mediterraneo. E quindi, navi, aerei, elicotteri, droni, strumentazioni tecnologiche e sistemi radar.

Poi ci sono i muri virtuali ai quali provvedono le società di IT e di sicurezza che sviluppano e gestiscono i sistemi, anche biometrici, di monitoraggio di circolazione delle persone, le telecamere a visione notturna, i rivelatori di battito cardiaco

L’affare è veramente ricco. Almeno un miliardo di euro è passato dalle tasche dei contribuenti a quelle dei costruttori di infrastrutture (muri fisici e recinzioni). Alle aziende che forniscono la tecnologia e i servizi di supporto ai muri sono arrivati, nel periodo 2007-2013, finanziamenti UE per 1,7 miliardi per le frontiere esterne e altri 2,76 miliardi, nel periodo 2014-2020, di Fondi per la sicurezza interna – Fondi per le Frontiere

Per i muri marittimi, invece, le spese della UE ammontano (2006-2017) a 676,4 milioni di euro.

E grandi sono le prospettive di crescita. Nel budget per il bilancio dell’Unione (2021-2027), la Commissione ha attribuito 8,02 miliardi di euro al fondo di gestione integrata delle frontiere, 11,27 miliardi a Frontex e 1,9 miliardi di euro alle banche dati di identificazione e a Eurosur (il sistemo europeo di sorveglianza delle frontiere).

Un fiume di denaro che finisce nelle mani dei giganti della difesa e della sicurezza europea, ma non solo.

Come la francese Thales, specializzata negli armamenti e nella sicurezza. L’italiana Leonardo (già Finmeccanica), che fornisce elicotteri e droni per la sicurezza delle frontiere. Il gigante degli armamenti pan-europei Airbus. Le grandi imprese di costruzione navale, come l’olandese Damen e l’italiana Fincantieri. Le israeliane Israel Aerospace Industries e Elbit Systems. La società austriaca Schiebel. Diversi cantieri navali tedeschi. La francese Sopra Steria per i servizi di consultenze tecnologiche. E la lista continua.

La cosa non sorprende. Le società di armamenti appartengono, infatti, a lobby come EOS (Organizzazione europea per la sicurezza) e ASD (Associazione delle industrie aerospaziali e della difesa in Europa) che influenzano fortemente, posizionandosi come esperte della sicurezza, l’orientamento dell’UE in fatto di politiche frontaliere. Sicurezza che, dal loro punto di vista, dipende dalla capacità di opporsi alle migrazioni. Un pericolo da combattere tramite mezzi militari e securitari.

Una minaccia che però – non sembri paradossale – quelle stesse aziende, da venditrici di armamenti al Medio Oriente e all’Africa del Nord, alimentano.

Fornire gli strumenti che consentono i conflitti alla base di molte migrazioni forzate è, per loro, abilità nel massimizzare le opportunità. Creano la domanda e rispondono con l’offerta.

E tutto alle spalle di popoli spaventati ed insicuri. Per loro è stato allestito un altro spettacolo. Quello dove i guitti della politica sollecitano paure e istinti. Consentendo a miliardi di euro di scorrere indisturbati.

di Enrico Ceci

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