Odio il capodanno

Antonio Gramsci, socialista, poi comunista, condannato a 20 anni, 4 mesi e 5 giorni di reclusione dal Tribunale Speciale Fascista per le sue idee e per le sue attività, nel 1928. Il suo pensiero politico espresso nei suoi scritti, si articolo in una rilettura globale dei fenomeni sociali e politici, nazionali e internazionali. Critico con lo stalinismo, teorizzò il passaggio dalla “ guerra di movimento” alla “guerra di posizione” formulando i concetti di egemonia della classe operaia e di rivoluzione passiva. La critica al capodanno, affinché ogni giorno fosse capodanno, anticipa la critica pasoliniana al capodanno borghese dei consumi, da festeggiare una volta l’anno. Gramsci pensa alla vita nuova, fatta di quotidianità che faccia di ognuno di noi un essere pensante, capace di decidere ogni giorno, quando fermarsi, quando riprendere fiato, ma ancor di più quando riprendere vigore rivoluzionario che cambia lo stato delle cose. La rivoluzione passiva di ognuno è nel cambiare la quotidianità ogni giorno a venire. Capodanno è un inizio rivoluzionario del nostro fare, del nostro agire che si svolge per 365 giorni all’anno.

Il 1 gennaio 1916, Antonio Gramsci scrisse questa lettera pubblicata su Avanti! Nella edizione torinese.

“Ogni mattina, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno. Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.

Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna.

E sono diventati così invadenti è così fossilizzati che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 o il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Così la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film è si ha un intervallo di luce abbarbagliante.

Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore.

Nessun travestismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno di tripudio. Tutto ciò stomaca.

Aspetto il socialismo anche per questa ragione. Perché scaraventerà nell’immondezzaio tutte queste date che ormai non hanno più nessuna risonanza nel nostro spirito e, se ne creerà delle altre, saranno almeno le nostre, e non quelle che dobbiamo accettare senza beneficio d’inventario dai nostri sciocchissimi antenati.

Firmato: Antonio Gramsci

di Claudio Caldarelli

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