Naufragio di Cutro: strage di bambini

Trentatré minorenni, di cui 24 bambini sotto i dodici anni. Trentatré innocenti morti affogati. Trentatré corpi recuperati. Trentatré, come gli anni di Cristo quando fu crocifisso dalla sua gente. È strage di bambini, uccisi, fatti affogare, dal Paese che credevano “la loro gente” ma non sapevano che era la stessa gente, che duemila anni prima aveva crocifisso il Cristo, loro Padre, Fratello e Figlio.

Duemila anni dopo, la stessa cattiveria, la stessa indifferenza, lo stesso cinismo, uccide in mare trentatré bambini.

Il mare. Il mare che li aveva inghiottiti, contrito e pentito, restituisce i corpi. Piccoli corpi di bambini, dalle pance gonfie di acqua e sale. Dal 26 febbraio, giorno del naufragio, il mare ha restituito 79 corpi. Trentatré sono bambini. Mancano all’appello ancora una ventina di persone. Una ventina di nostri fratelli e sorelle. Sono nostri figli i trentatré bambini morti, con le pance gonfie di acqua e sale.

I cadaveri dei bambini, affiorano, poi lentamente le onde li adagiano sulla spiaggia. Unico momento di rispetto è la delicatezza delle onde che li cullano prima di adagiarli sulla spiaggia, tra i legni e il fasciame del relitto. Legni che gli abitanti di Steccato di Cutro hanno usato per costruire croci. Le croci della strage dei bambini perché nessuno dimentichi.

Ogni piccolo corpicino che il mare restituisce, rinnova il dolore. Un dolore atroce, lacerante, che non avrà mai fine. Il dolore della madre è il dolore della Natura. Un dolore indicibile che non può essere minimamente immaginato. Un dolore che solo la madre, di un bambino morto con il ventre gonfio di mare, può provare. Un dolore che lacera le carni. Le lacera talmente in profondità che le ferite non potranno più rimarginarsi. Oltre il dolore, ma lo stesso dolore, della Madre che vegliava la morte del Figlio ai piedi della croce, il Calvario della morte dove non risorge nuova vita, se non siamo in grado di cambiare dentro, per evitare che simili tragedie si ripetano. Ma non è così. Pochi giorni fa un altro barcone si è capovolto al largo della Libia. Senza che nessuno fosse andato in soccorso ai naufraghi. La strage di bambini di Cutro si ripete ogni giorno. Ogni giorno a rinnovare quel dolore così lacerante da togliere la vita anche a chi rimane in vita.

Ogni giorno un bambino muore. Ogni giorno lo strazio di una Madre è lo strazio di Madre Terra che non riesce a proteggere i suoi figli. Ogni giorno è un inferno. E l’inferno esiste perché lo creano gli uomini con la loro avidità, con la loro cattiveria, con il razzismo, con la loro volontaria malvagità di respingere e non accogliere.

A loro, nelle loro orecchie risuoni lo strazio lacerante delle Madri che piangono i loro figli, morti, con i ventri gonfi di acqua e sale. E il vento, il vento del mare, il vento che aiuta le onde a cullare quei piccoli corpicini gonfi di sale, quel vento raccolga il lamento della Madre di tutte le Madri, e lo sospinga sopra le città opulente, entri dai comignoli fin dentro le case e si posi sui letti dove dormono i governanti che non hanno accolto i trentatré figli del mare. Che il vento sia amico, dei bambini dal ventre gonfio di acqua e sale. Che sia amico di quelle Madri, soffiando il dolore e lo strazio, incessante, dentro le case affinché nessuno dimentichi che ogni bambino è un nostro bambino, che ogni figlio è nostro figlio, maggiormente quando ci viene tolto e poi restituito con il ventre gonfio di acqua e sale.

Claudio Caldarelli

 

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