Cos’è il “Global Warming”?

Gli scienziati usano il termine “Global Warming” per indicare il riscaldamento climatico che porta le temperature del nostro pianeta ad alzarsi e tutte le conseguenze che questo comporta: eventi climatici estremi, la migrazione di popolazioni di fauna selvatica, la crescita del livello dei mari ecc.

Tutto questo avviene a causa della sempre maggiore quantità di gas serra che l’uomo riversa nell’atmosfera.

Cosa comporta quindi questa sempre maggiore quantità di gas nell’atmosfera? I gas sono responsabili del così detto “effetto serra”, così come fa intuire il nome questi gas sono infatti in grado di aumentare notevolmente la capacità dell’atmosfera terrestre di catturare radiazioni provenienti dal suolo modificando così le temperature sul nostro pianeta. 

Quali sono le conseguenze del riscaldamento globale?

Sicuramente la prima cosa che può venire in mente con l’aumento della temperatura è la situazione critica dello scioglimento dei ghiacci; ben 28 mila miliardi di tonnellate di ghiaccio sciolte a livello globale in 24 anni, dal 1994 al 2017.

A sciogliersi sono maggiormente i ghiacciai della Groenlandia e ghiacci minori e marittimi, ma negli ultimi anni con l’avanzamento del riscaldamento globale, anche i ghiacciai in Antartide hanno iniziato a sciogliersi.

Di conseguenza, anche il livello del mare sta aumentando ogni anno sempre più velocemente, mettendo anche a rischio d’estinzione tutte le specie animali che vivono in quell’habitat.

Inoltre, con l’incremento do CO2 nell’atmosfera si muta il ph degli oceani rendendoli acidi e sconvolgendo gli equilibri naturali e mettendo a rischio la popolazione marittima, ed inoltre amplia il rilascio di CO2 presente nell’acqua che evapora nell’atmosfera.

Cosa sono le “Plastic Vortex”?

Nel corso del tempo i rifiuti che vengono buttati, o che finiscono, in mare si sono aggregati in vere e proprie isole di spazzatura.

Queste isole spazzatura vengono create dalle correnti marittime che trasportano la plastica o metalli leggeri che pian piano, accumulandosi, creano quelle isole che possono essere più o meno grandi; queste isole di plastica vengono identificate da navigatori o pescatori, e ad oggi le maggiori identificate sono ben sette, ma la più grande al mondo è la “Great Pacific Garbage Patch” che si trova nell’oceano Pacifico ed ha più di sessant’anni.

Sicuramente queste isole di plastica non sono una cosa positiva per l’inquinamento e di conseguenza l’emergenza climatica che l’uomo sta vivendo; queste “isole” sono una minaccia per la salute degli animali marini che ingeriscono la spazzatura pensando sia cibo e che molto spesso arriva poi ad ucciderli, o può capitare che gli animali rimangano intrappolati nella spazzatura ferendosi gravemente o mortalmente.

Inoltre, nel momento in cui gli animali ingeriscono la plastica questa entra automaticamente nella catena alimentare, danneggiando gravemente la loro salute e riflettendosi di conseguenza anche sulla nostra.

Quante volte si sono visti in tv, o sui media, video di tartarughe intrappolate in sacchi di plastica? O gabbiani con catene di metallo intorno al collo? O altri pesci o mammiferi marini morti soffocati dalla plastica? Come si può evitare che questi animali possano smettere di soffrire a causa di un nostro errore? Ad oggi le stime dicono che sono stati rilasciati in mare altre 8 milioni di tonnellate di rifiuti, e che nel 2050 se si continuerà su questa strada si arriveranno a 12 milioni di tonnellate di rifiuti dispersi nell’ambiente; come evitarlo? Sicuramente sensibilizzare su questo tema facendo si che gli altri evitino di buttare via la loro spazzatura, ma invece di riciclare o di evitare di comprare plastica monouso, ed anche donare a quelle associazioni (come WWF) che si occupano di tenere al sicuro gli animali e il nostro ambiente pulito.

Cos’è l’accordo di Parigi?

Il riscaldamento globale è un’emergenza che riguarda ogni singolo individuo sulla terra, e bisogna agire in modo repentino per cercare di limitare i danni.

Nel 2015 i leader mondali hanno concordato un piano per cercare di combattere l’emergenza climatica: l’accordo di Parigi contiene un obbiettivo a lungo termine che è comune per tutti, i contributi al fine di ridurre le rispettive emissioni, l’ambizione che tutti si pongono per raggiungere importanti risultati in cinque anni, la trasparenza nella comunicazione tra i vari paesi, la solidarietà gli Stati membri dell’UE nell’offrire finanziamenti ai paesi in via di sviluppo.

L’accordo di Parigi entrò in vigore il 4 novembre del 2016, con l’adempimento della condizione da parte di 55 paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni globali di gas a effetto serra.

Di fronte a questa emergenza dovremmo essere tutti responsabili per noi stessi e per gli altri; evitare di essere pigri e quindi buttare per strada una bottiglietta d’acqua, o un mozzicone di sigaretta, o la busta di un pacco di patatine, impegnarci tutti nel fare la raccolta differenziata, comprare materiali riciclati e sforzarci tutti di pulire le nostre strade e spiagge.

Il futuro può cambiare se noi siamo i primi a fare in modo che questo avvenga; bisogna essere altruisti gli uni con gli altri, pensare anche a tutti quegli animali che stanno morendo a causa del nostro inquinamento.

Non è ancora troppo tardi per rispettare il nostro mondo.

Aurora Ercoli

 

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