1. Salina, i film e i giorni. Diario di un festival

Mercoledì, 13 settembre, tramonto. Il Salina Doc Fest ha un aperitivo, un pre avvio di grande suggestione sull’arenile del borgo antico di Rinella, a Leni, in uno dei tre comuni che costituiscono il territorio dell’isola e i luoghi dove si svolge Fest. Sbucando da dietro le barche ormeggiate sulla praia, sulla spiaggia sassosa, Gaspare Balsamo ha iniziato la sua declamazione in siciliano, avvicinandosi alla platea di spettatori seduti sul margine superiore del lido. È poi salito su una piccola e bassa pedana di legno. Alle sue spalle lo sfondo davanti agli occhi di chi ascolta è un gruppo di imbarcazioni raccolte a mezza luna davanti alla banchina del porto. Le circonda una distesa di mare liscio sotto le striature rosse dell’incipiente tramonto. Gaspare Balsamo è uno dei moderni grandi cuntisti, che rendono attuale la lezione poetico-narrativa del Maestro Mimmo Cuticchio. È uno dei protagonisti del film capolavoro di Giovanna Taviani, Cùntami, con il suo Don Chisciotte delle saline davanti lo stagnone di Mozia, tra Marsala e Trapani. Ora si misura con un testo letterario “mitico”, da far tremare i polsi, Orcynus Orca. Mitico, perché il suo autore Stefano D’Arrigo ha impiegato più di vent’anni per scriverlo, rielaborandolo, ritoccandolo continuamente. Fosse stato per lui lo avrebbe scritto e riscritto per l’eternità. L’editore che continuava a pagarlo dall’atto della stipula contrattuale disperava ormai di tornar a riveder le stelle, oltre che i soldi dell’investimento. La riduzione orale che ne fa Balsamo prende il titolo di Omo a mare. Dal getto ora fluente, ora spezzato, ritmato della sua voce esce un racconto di sirene come orchesse e marinai a sé dispersi, di sortilegi e rapinose iniziazioni sessuali, scandito da attorcinazioni, cabriate del corpo e della lingua che nel recitar cuntando, nel modulare, variare sonoro del siculo restituiscono il funambolismo letterario di D’Arrigo. Il tramonto si fa crepuscolo, ombra della sera, si accendono dei faretti sulla pedana, Balsamo sfuma il suo cunto, il suo gesto, la danza dei suoi sandali e torna a occultarsi tra le barche sulla spiaggia. Un’altra figura s’avvicina, sale sulle assi tra i sassi, battendo con le dita la cassa di una chitarra. La figura minuta di Etta Stollo arpeggia sulle corde e invoca da dentro il petto il sorgere d’una voce stratificata di amaro e dolcezza, di passato che torna e si rifà eterno sensibile presente. Intona Rosa Balistreri, la grande cantante popolare siciliana, forse ormai misconosciuta alle orecchie e alle coscienze d’oggi. No, Etta non canta come cantava ieri lei, non cerca d’imitarla. No, canta come sensibilmente canterebbe oggi Rosa Balistreri a quelle coscienze e orecchie. Etta Stollo e Gaspare Balsamo tornato insieme sul grande palco di Santa Marina sabato 16 settembre per cantare l’una e cuntare l’altro proprio Rosa Balistreri. L’occasione è la premiazione e la presentazione del film di Isabella Ragonese Il canto delle sirene, dedicato a Rosa Balistreri. Ha introdotto la serata Giovanna Taviani, la direttrice del Fest. Il sindaco di Leni, Giacomo Montecristo, ha salutato il pubblico presente, ricordando che quella stessa spiaggia dette il via alla prima edizione del Fest diciassette anni prima.

Giovedì, 14 settembre, sera. È l’inaugurazione e la presentazione ufficiale del XVII edizione del Salina Doc Fest. Sul palco Giovanna Taviani e Antonio Pezzuto, selezionatore e presentatore del Fest. Il sindaco di Santa Marina, Domenico Arabia dà il benvenuto agli spettatori, sottolineando l’importanza del tema e del titolo scelto quest’anno, Donna Oltre Confini. Alla crescente drammaticità della violenza omicida e anche social-mediatica contro le donne, infatti, si fa fronte anche attraverso la diffusione di una coscienza e una conoscenza che svelano altre possibilità e valori. Giovanna Taviani ha ricordato che il 16 settembre ricorre il primo anniversario dell’uccisione di Masha Jina Amini, la giovane iraniana d’etnia curda uccisa dalla cosiddetta “polizia morale” della Repubblica Islamica dell’Iran. Per questo anche il Fest all’appello di Donna Vita Libertà – Insieme il 16 settembre in tutte le piazze italiane. 

È stato poi chiamato sul palco il regista Edoardo Morabito che in dialogo con Antonio Pezzuto ha introdotto il suo film documentario L’avamposto. Produzione italo-brasiliana, il film ci porta nel cuore più profondo dell’Amazzonia brasiliana, l’area dello Xixuau (pronuncia Scisciuau). È un’aurea di 581.000 ettari a nord di Manaus, Di origine scozzese, con una prima moglie italiana, Christofer Clark definito eco-guerriero, costituisce una comunità indigena, fondata su principi di solidarietà sociale e ambientale. Deve essere vero e proprio avamposto di salvaguardia contro la costante aggressione umana alla ricchezza naturale e alla diversità biologica. Aggressione che avviene anche da parte della piccola ma pervasiva economia locale, fatta di contrabbando del legno e della pesca di frodo. Presto Christofer diventa inviso ai potentati economici che gli scatenano addosso una campagna stampa, denunce di eco-terrorismo e abuso di droghe. Sottoposto a procedimenti giuridici, ne esce sempre assolto, ma con l’inceppamento del suo progetto di costituire quell’immensa area in riserva naturale protetta. E poco alla volta a disgregarsi è la stessa comunità, il suo avamposto d’una diversa coscienza dell’Amazzonia, dell’intero pianeta. Nasce allora in lui il sogno di un grande concerto dei Pink Floyd che attiri l’attenzione e la sensibilità del mondo intero sulla difesa dell’Amazzonia. Il suo sogno-disegno prende una tonalità alla Fitzcarraldo, la cui vicenda – raccontata nell’omonimo celebre film di Herzog – si svolge alla fine dell’800 nella stessa area di Manaus. Come Fitzcarraldo, infatti, il suo motto sembra essere: Chi sogna può muovere le montagne. In quell’immenso cuore boschivo del mondo ci sono distese con acqua alta appena pochi centimetri. Il suo concerto, ripreso a distanza dalle telecamere, deve così sembrare galleggiare, essere sospeso su quegli incantati specchi idrici. E qui non si può che pensare al film Oltre il giardino, con Peter Sellers che nel finale cammina in smoking, bombetta e ombrello sull’acqua del laghetto d’un parco. Nonostante tutte le persone influenti del mondo che mette in moto sembra che l’ostacolo principale del suo progetto sia lo storico e mai ricucito dissidio tra il chitarrista David Gilmour e il leader Roger Waters. Le sue difficoltà, le sue visioni e convinzioni, i suoi fallimenti, ammonisce la voce fuori campo dello stesso regista – non sono quelle di un solo individuo, ma incarnano quelle dell’intera umanità.

Riccardo Tavani

 

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