The Whale

Tutti dovrebbero vedere questo film straordinario. The Whale. (spoiler nel testo).

Brendan Fraser, con un’interpretazione letteralmente da Oscar, mette in scena una rappresentazione cristallina del cuore dell’attuale cultura dominante in Occidente, lasciando vedere, senza giudizio, dove tale paradigma culturale ci sta portando.

L’Occidente, in un percorso di portata secolare, si è giustamente liberato dalla Religione, ha ucciso Dio, strumentalizzato da un clericalismo spudorato e violento che, attraverso una distorsione della Sua immagine, ha imposto il proprio potere sulle coscienze, i cuori, le menti, le anime, castrando impietosamente ogni moto spontaneo, libero, autentico dello spirito umano per secoli. 

L’Occidente ha sentito, giustamente, che per realizzarsi nella libertà e nell’amore, era necessario liberarsi dal peso di un tale falso Dio, spalancando la porta alle intuizioni profonde e inconsce dell’Io.

Oggi, 2023, viviamo tuttavia le secche dell’estremo opposto, siamo passati da un Padre, un Dio, che castra i figli, a un Figlio, un Io, che ha ucciso il Padre ma è stato portato dalla tirannide delle proprie voglie, brame, desideri, nell’inconsistenza desertica di una palude di solitudine senza futuro.

Abbiamo messo sul trono dei cuori il nostro Ego, abbiamo identificato le sue emozioni, le sue voglie, il suo desidero di piacere e le sue difese contro le avversioni e i dispiaceri con la totalità della nostra verità, quando rappresentavano solo la fragilità della nostra immaturità infantile, e ci siamo persi, e siamo “lonley together”, isolati insieme.

Io ho empatizzato tantissimo con Charlie, il protagonista del film. Senza esagerare o ingigantire, mi ci sono molto rivisto, ci sono state proprio scene in cui Charlie mi ha fatto rivivere tante situazioni che per anni mi hanno tenuto compagnia.  

Per carità, non sono arrivato a quei livelli di obesità, però insomma: i miei 107kg, pressione alta, corpo di un cinquantenne a 30 anni, me li sono fatti tutti negli ultimi tempi. In piccolo, ci sono passato personalmente, e mi rivedo tanto in questo personaggio meraviglioso e tragico.  

Charlie ha l’animo nobile, splendido, poetico.

Ama la poesia, l’amore, ama cogliere il bello nelle persone e renderle partecipe di quello che vede.

È un brillante professore di letteratura, uno di quei professori che se hai la fortuna di incontrarli ti cambiano la vita.

Chiede ai suoi studenti di rompere gli schemi, essere reali, autentici, liberi, trovando e condividendo la propria voce e il proprio valore unico e irripetibile.

I lati belli di Charlie mi hanno tanto ricordato i miei, tantissimo, e anche quelli “brutti”.

Bisogna stare molto, molto attenti a giudicare.

Bisogna andare molto, molto cauti nel parlare delle sofferenze delle persone.

Quando vivi un momento di obesità, come ho vissuto io, sono le parole, la pena, i giudizi degli altri a finirti.

Charlie in fondo non è diverso da me, da tanti di noi.

La sua unica “colpa” è quella di essere un occidentale contemporaneo modello, di aver identificato la realizzazione di sé e la Felicità con il totale appagamento del suo desiderio di piacere e la totale avversione verso situazioni difficili che causano emozioni spiacevoli.

Charlie seguirà questo copione fino alla fine, fino all’atto finale:

Lascia la moglie e sua figlia, oppresso dalla complessità e difficoltà della vita matrimoniale e familiare, e “scappa” con uno suo giovane studente con cui si sente speciale, visto, amato.

Tiene meravigliosi corsi di letteratura e scrittura creativa, ma evita qualsiasi contatto umano, non si mostra agli studenti, neanche al rider che gli porta le sue due pizze quotidiane, lasciandosi vedere solo da un’infermiera che gli vuole molto bene, eppure continua a portargli panini con le polpette e la maionese.

Quando, alla fine, la figlia gli fa capire che ha bisogno di lui, e gli chiede di farsi curare, di lottare, di rimettersi in sesto, lui preferisce lasciarsi andare e morire, facendosi leggere un tema della figlia e dicendole frasi straordinariamente belle, che è speciale, perfetta, unica, meravigliosa.

La figlia adolescente, Ellie, glielo dice male ma, forse, parlo con umiltà, gli dice la nuda e cruda verità: “Te non pensi altro che a te stesso”.

Charlie non ha colpa alcuna, è semplicemente un Occidentale, una perfetta immagine dell’Occidente contemporaneo:

Con tutto il suo sapere, la sua anima poetica meravigliosa, con il suo avere letto due volte l’intera Bibbia, essersi fatto una sua idea di Dio ed averlo ucciso dentro di sé, con il suo altruismo, la sua bella anima empatica e generosa, Charlie ricerca belle sensazioni, anche con profondità, e evita dispiaceri e gli spigoli della realtà,  e alla fine questa impostazione lo rende schiavo del rilascio della dopamina, che continua a coltivare con il cibo, garante di una soddisfazione dopaminergica scevra dalle spine della relazione.

Charlie si chiude, mangia, muore.

Sostanzialmente si suicida davanti alla figlia, dicendole con grande anima che è perfetta, è bellissima, che gli dispiace, mentre lei gli chiederebbe di farsi curare perché avrebbe bisogno, oltre che di poetiche parole, di un padre.  

Sarebbe stato bello vedere nel film che Charlie, restando sé stesso, umile, ricco, profondo, meraviglioso, avesse fatto il passaggio essenziale che credo come Occidente siamo chiamati a fare personalmente e collettivamente.

Re-integrare nella nostra psicologia e cultura in modo nuovo il Sacrificio dell’ego, il Chicco che muore e produce frutto, la Croce.

Come Occidente ci siamo giustamente liberati dalle mortifere secche della Religione, e indietro non possiamo più tornare.

Siamo però diventati il Chicco che rimane solo e dissecca, perché rifiuta il Sacrificio, la morte dell’ego, porta della Risurrezione.

Questa realtà non è espressa solo dal cristianesimo col simbolo della Croce, è un archetipo presente al cuore di tutte le grandi sapienze umane.

Gli Hindu, per esempio, lo esprimono col mito dello smembramento del Dio primordiale, Prajapati, che, per amore, si sacrifica per creare dalla sua carne le creature, lasciandogli l’intima vocazione di tornare a Lui, ricostituendo l’Unità originaria.  

La parola stessa “Islam”, reca in sé l’abissale profondità di abbandono dell’io nel grembo di Amore di Dio che sorregge ogni cosa con la Grazia delle sue mani.

Il Buddismo si fonda sul raggiungimento consapevole dell’Equanimità che ci affranca dal Samsara dell’attaccamento-avversione all’illusione dell’io-mio.  

Non sto dicendo che bisognerebbe tornare indietro, a una Religione che divora gli io, ma che bisogna evolvere da un IO assolutizzato che è rimasto solo e sguazza sterile, nella fanghiglia nichilista in cui siamo finiti, verso una Terza e Nuova Via, che poi è quella eterna.

Dove la più piena libertà dell’Io, si compie nel Mistero dell’Amore.

Giacomo Fagiolini

 

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