Il 25 novembre si celebra la giornata mondiale contro la violenza sulle donne

Vediamo il perché fu scelta questa data e cosa dice la Convenzione di Istanbul.

Con l’espressione ‘violenza nei confronti delle donne’ si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata.

La violenza di genere è a tutti gli effetti una violazione dei diritti umani, come stabilito anche dalla Convenzione di Istanbul, il più importante trattato internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa nel 2011.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce, invece, la violenza di genere “un problema di salute di proporzioni globali enormi” e stima che 1 donna su 3, ovvero oltre 700 milioni in tutto il mondo, subisca violenza fisica o psicologica da parte di un uomo nel corso della propria vita. Come sancito dalla Convenzione di Istanbul e dall’OMS, la violenza perpetrata contro le donne costituisce, quindi, sia una grave violazione dei diritti umani che una significativa problematica di salute pubblica.

La violenza può, infatti, avere forti ripercussioni sul benessere fisico, mentale, sessuale e riproduttivo di coloro che ne sono vittime, sul breve così come sul lungo termine. Le conseguenze possono tradursi per le donne in isolamento sociale, limitazioni nell’abilità lavorativa e compromissione della capacità di prendersi cura di sé stesse e dei propri figli. Spesso i propri compagni o mariti non permettono che le “loro donne” abbiano un proprio conto corrente e dunque una autonomia economica per renderle maggiormente sottomesse.

Gli effetti della violenza di genere si estendono, quindi, ben oltre l’individuo coinvolto, influendo sul benessere di coloro che lo circondano – le famiglie e i figli, in primis – e dell’intera comunità.

Il 25 novembre è stato scelto per celebrare la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Molti si chiedono il perché.

E’ una storia antica che risale al 1960.

Il 25 novembre 1960 furono trovati i corpi delle sorelle Mirabal in fondo a un precipizio. Sul corpo di Patrizia, Minerva e Maria sono ancora visibili i segni delle torture subite dopo essere state catturate dagli agenti segreti del dittatore che ha governato per trent’anni la Repubblica Dominicana, Rafael Leonidas Trujillo.

L’uccisione de Las Mariposas (“le farfalle”, nome in codice delle tre donne), assassinate perché coinvolte in prima persona nella resistenza contro il regime mentre andavano a trovare i loro mariti in carcere, scatena una reazione popolare così forte da portare all’uccisione del governatore Trujillo nel 1961 e la fine della dittatura.

Il 17 dicembre 1999 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) con la risoluzione 54/134 ha istituito la Giornata che nel 1993 nel corso della Seconda Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sui diritti umani, ufficializza il 25 novembre come la giornata mondiale contro la violenza sulle donne in tutto il mondo invitando i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare in quel giorno attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della nonviolenza e del rispetto verso le donne.

In molti paesi, come l’Italia, il colore esibito in questa giornata è il rosso e uno degli oggetti simbolo è rappresentato da scarpe rosse da donna, allineate nelle piazze o in luoghi pubblici, a rappresentare le vittime di violenza e femminicidio.

L’idea è nata da un’installazione dell’artista messicana Elina Chauvet, Zapatos Rojos, realizzata nel 2009 in una piazza di Ciudad Juarez, e ispirata all’omicidio della sorella per mano del marito e alle centinaia di donne rapite, stuprate e assassinate in questa città di frontiera nel nord del Messico, nodo del mercato della droga e degli esseri umani.

E mentre ogni anno si spera in una diminuzione di casi, siamo qui a documentare il contrario.

Il 25 novembre scorso mezzo milione di persone è sceso in piazza a Roma per dire no alla violenza sulle donne. Altri cortei hanno avuto luogo in tutta Italia.

La mobilitazione avviene all’indomani del femminicidio della giovane Giulia Cecchettin, diventata il simbolo della piaga che affligge la società tutta.

Grande manifestazione anche a Torino, dove in corso Regina Margherita, all’altezza dei giardini Reali, è stato acceso un falò. “Rappresenta il bruciare della nostra rabbia e il simbolo di come vorremmo bruciare gli strumenti e le pratiche del patriarcato”, hanno spiegato al microfono.

Mentre veniva acceso il rogo sono stati letti i nomi delle donne vittime di femminicidio. Decisamente troppe e ogni giorno sempre di più.

Ora l’intervento del Governo deve essere necessariamente valido, efficace e severo cercando di tutelare le donne che hanno il coraggio di denunciare e che spesso dal giorno stesso si ritrovano a vivere nuovamente con il compagno/marito violento che dopo la denuncia non può che diventare una bomba ad orologeria.

Perché la donna, di suo possesso, di sua proprietà ha osato rivolgersi alle autorità giudiziarie.

Queste donne vanno aiutate da subito per non essere, come spesso sappiamo, barbaramente uccise. Ancora e ancora…

 Stefania Lastoria

 

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