L’anima poetica del Folkstudio

L’anima poetica del Folkstudio è dentro ognuno di noi che l’abbiamo vissuta. Le emozioni musicali e la forza passionale dei testi, non ci abbandonano. Mai. La saudade dei testi ci appartiene. Così, l’abbiamo vissuta, in tutta la sua intensa sonorità dei cantautori che si sono avvicendati sul palco dell’Asino che vola, il locale di via Antonio Coppi a Roma.

La magia della serata voluta fortemente da Luigi Grechi, uno dei nomi storici del Folkstudio di Trastevere, si ripropone in questo locale adatto per l’occasione. Anzi, l’Asino che vola, possiamo dire che ne può essere l’erede, per raccogliere una eredità che rischia di andare perduta.

Luigi Grechi, riesce nell’intento di farci assistere ad una serata degna del Folkstudio di Cesaroni, con la presentazione di un open mic che ci ha sorpreso per la qualità cantautorale e per la sonorità dei brani. Versi poetici senza bavature, rappresentazioni di attualità di genere, con uno sguardo al sociale e alla sofferto dolore romantico. Ha ricordato Goran Kuzminac che era abruzzese di adozione. Subito dopo i “giovani del Folkstudio”, Luigi Grechi ci ha presentato tre cantautori, chitarristi d’eccezione, abruzzesi, che riescono a cantare la sofferta drammaticità, del terremoto, l’amore segreto e con la canzone per Che Guevara. Luigi Grechi, con il suo fare delicato e pacato, chiama sul palco Tony Turco, Paolo Capodacqua e Adriano Tarullo. Abruzzesi doc, chitarristi doc, cantautori doc.

Un concerto che attraversa il cuore di ognuno dei presenti, una musica avvolgente, priva di orpelli barocchi, ma intensamente accogliente. La sala è gremita, i posti a sedere sono tutti occupati, ed è martedì, giorno difficile per riempire un locale, ma, Luigi Grechi ci riesce, incantato i presenti, con un programma che è la storia di ognuno. Una storia fatta di musica capace di annullare la distanza nel preciso istante in cui inizia la prima nota, il pubblico si fonde con il musicista, riscrivendo quel pezzo di storia che ci appartiene essendo patrimonio di tutti, verrebbe da dire “patrimonio dell’umanità”. Questa la vera magia di Luigi che riavvolge il tempo, riportandoci, alla quotidiana contemporaneità nata al Folkstudio negli anni ’70, in cui si cantava insieme, per stare insieme senza diversificazioni, se non musicali, ma uniti in un sentimento di fratellanza e solidarietà etica e morale, tipicamente propria dei cantautori che suonano per passione e per amore. Sul palco dell’Asino che vola che l’amore e la passione che Luigi Grechi ha saputo infondere ai giovani del Folkstudio riproponendoci le musiche e i testi dei meno giovani. Ma il Folkstudio è questo non volersi arrendere, ma resistere per per cercare di cambiare un mondo che altrimenti non ci appartiene più.

Claudio Caldarelli

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