Gli abiti del male: tracotanza, invidia, ira

Aristotele definiva i vizi capitali gli “abiti del male” derivanti dalla ripetizione di azioni che a lungo andare formavano le abitudini di una persona. Il rimedio consisteva in una sorta di educazione, per trasformare da cattive a buone le abitudini.
Ma non sempre ci si riesce. Anzi quasi mai. Nel mondo, è in atto una guerra mondiale, anzi la terza guerra mondiale, senza che sia stata dichiarata.

 

Nel mondo, tutti i giorni, avvengono violenze, torture e stupri nei confronti delle donne. Tutti i giorni avviene un femminicidio ad opera di uomini che vestono “gli abiti del male”.
Tutto questo e altro ancora, ci è stato raccontato domenica 10 dicembre alle Cantine Teatrali Teatro Off di Monterotondo, da un trio d’eccezione, Gloria Zarletti autrice del testo, Antonella Avagnano storica dell’arte e Alessandro Camilli “performer” cioè molto di più di un cantante, mettendo in scena “Paralipomeni di una guerra tutta mia”.

Gloria Zarletti, con grazia e garbo introduce la sua guerra, che è la guerra quotidiana delle donne che rivendicano il loro essere donne, senza per questo venire uccise, violentate, stuprate. Racconta, Gloria, alla platea che ascolta, trattenendo il fiato. Dice non alla guerra. No a tutte le guerre. Interiori, personali, ma soprattutto di conquista, di espansione, di occupazione, di imperialismo. Chiama la pace. Con rispetto, ma anche con determinazione.

Alessandro Camilli, dopo l’introduzione, incanta il pubblico con “La guerra di Piero” di De Andrè. Un binomio che mette in risalto ogni parola che viene pronunciata sul palco. Così è anche per Antonella Avagnano, che delizia gli spettatori con la riproposizione di antichi miti e leggende greche, analizzando i vizi capitali che distruggono il mondo, l’umanità e le persone.

Gloria Zarletti, con gesti semplici presenta “gli abiti del male” di Aristotele, li connette alle azioni di una quodianita sempre più invasiva, ossessiva e priva di sentimenti: la tracotanza, l’invidia e l’ira. I principi del male incarnati, da Lucifero, come sottolinea Antonella Avagnano. Storica dell’arte, affabile, duttile e geniale, viene da pensare che Eva Cantarella (storica dell’arte ndr) un po’ gli assomiglia. La Avagnano rende fruibile ed emozionante ciò che altrimenti sarebbe di difficile comprensione.

Il microfono riprende fiato con la voce di Camilli, fluido nei movimenti, che quando canta Itaca, si mette a remare, con una perfezione degna Marcel Marceu, il più grande mimo di tutti i tempi. Alessandro Camilli è questo connubio che fa di lui un performer a tutto tondo. Tre protagonisti, in simbiosi tra loro, trasmettono empatia e trascinano il pubblico in un mondo reale ma spesso dimenticato, quello delle violenze e guerre.

Gloria Zarletti, donna dal fascino garbato, dalla voce pacata ma incisiva, trasforma ogni parola in azione, (per dirla come Andrea Di Vincenzo, Direttore Artistico di Cantine Teatrali) adattando se stessa alle

cose da dire. Sì dire, perché Gloria non recita, ma racconta, la sua guerra per la pace, che rappresenta la guerra interiore che attraversa ogni donna in ogni età. Stupisce, Gloria, per la modernità e l’intreccio sapiente che è riuscita a mettere in scena, sicuramente aiutata dalla bravura di Avagnano e Camilli.

In questi testi contano le passioni e le emozioni vissute nel “ventre” delle donne, ma ancor di più nel “ventre” dell’umanità, che sembra estraniata, totalmente incapace di comunicare e comprendere quando accade. Ed ecco allora sullo sfondo la colomba di Picasso, prima il Guernica, o i dipinti del Rinascimento.

Lo spettacolo prosegue, tra la meraviglia che suscitano le parole di Antonella Avagnano e le emozioni delle canzoni proposte da Alessandro Camilli che riporne anche la bellissima canzone di Gabriella Ferri “Grazie alla vita”, tutto si incardina alla perfezione. Gloria Zarletti con questo suo testo “cechoviano”anticipa i motivi fondamentali della drammaturgia raccontata, la crisi esistenziale dell’uomo, preda del delirio dei vizi capitali che generano “gli abiti del male”, la perdita dei valori tradizionali, il rimpianto di un futuro mancante e un passato inattingibile, l’attesa di qualcosa di indefinito, ma soprattutto l’allusione a ciò che è ineluttabilmente accaduto, il vuoto, il silenzio, il dolore e la sofferenza, generatori di guerra, guerra, guerra. Gloria con umiltà sapiente ci dona la strada per invocare la Pace. Pace. Pace.

Claudio Caldarelli

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