In Iran stupri e torture dopo le proteste contro il velo

Un rapporto di Amnesty International documenta ben 45 casi di abusi in carcere e anche durante gli interrogatori, una violenza usata come arma per la soppressione del dissenso espresso in forma pacifica. Si parla di stupri ed altre forme di abusi sessuali verso detenute e detenuti nelle carceri iraniane, arrestati proprio durante la repressione seguita alle proteste dal settembre 2022. Il tutto in oltre la metà delle province iraniane.

“La nostra indagine mette in luce come i servizi segreti e i responsabili della sicurezza abbiano utilizzato lo stupro e altre forme di violenza sessuale per torturare, punire e infliggere persistenti danni fisici e psicologici ai manifestanti, inclusi minori di addirittura 12 anni”, ha specificato la segretaria generale di Amnesty, Agnès Callamard, nell’introdurre il rapporto di 120 pagine i cui dati sono frutto di testimonianze raccolte attraverso interviste con le vittime e testimoni condotte da remoto su piattaforme di comunicazione sicure.

Da questo contenuto emerge un quadro di sconcertante brutalità, barbarie e ferocia che atterrisce e sconvolge. Verità ovviamente sempre negate dalle autorità iraniane.

Anzi, magistrati e giudici iraniani si sono resi complici di questo sistema non solo ignorando o insabbiando le denunce di stupro, ma anche utilizzando confessioni estorte con la tortura per muovere accuse false contro le persone sopravvissute, per poi condannarle a morte o al carcere.

Nessuna risposta è arrivata dalle autorità di Teheran dopo l’invio il 24 novembre da parte di Amnesty dei dati raccolti che rappresentano una pesante denuncia di una situazione in parte emersa negli ultimi tredici mesi, ma non in forma così sistematica.

Tra i casi documentati, quelli di stupro sono 16 e hanno coinvolto sei donne, sette uomini, una ragazza di quattordici anni e due ragazzi di 16 e 17 anni.

In alcuni casi, quattro donne e due uomini, avrebbero subito abusi ripetuti, anche da parte di dieci individui, tutti membri delle Guardie rivoluzionarie, delle forze paramilitari Basij, uomini dei servizi segreti e poliziotti.

Una violenza agghiacciante attuata con strumenti e modalità che Amnesty documenta.

Ad altre 29 vittime sarebbero state inferte percosse, imposta la nudità e la tortura.

Una delle detenute, indicata nel rapporto con il nome di Maryam, arrestata e detenuta per due mesi per essersi tolta il velo durante una delle manifestazioni che hanno seguito l’assassinio della 22enne Mahsa Amini, la ragazza che tutti ricordiamo per essere stata freddata con un colpo alla testa a causa del rifiuto di indossare il velo, è stata stuprata da due agenti durante un interrogatorio, nonostante urlasse e implorasse loro di fermarsi.

E’ grazie a queste vittime di atroci abusi che la verità sta emergendo, mentre la maggior parte di chi ha subito violenze, ricorda Amnesty, non le denuncia per timore delle conseguenze ma anche perché le loro richieste di giustizia vengono sempre e costantemente ignorate.

Sembra ormai ovvio che senza una prospettiva di onesta autorità giudiziaria all’interno, la comunità internazionale ha il dovere di stare dalla parte dei sopravvissuti e chiedere che sia fatta giustizia.

“Senza la volontà politica e profonde riforme legislative e costituzionali, le barriere strutturali continueranno a piagare il sistema giudiziario iraniano che da tempo mostra la sua vergognosa incapacità e indisponibilità a indagare in modo efficace sui crimini di diritto internazionale”, ha commentato Agnés Callamard.

Occorre sostenere l’ampliamento del mandato della Commissione Onu di accertamento dei fatti sull’Iran, per assicurare che un meccanismo indipendente continui a raccogliere, conservare e analizzare prove di crimini di diritto internazionale e di altre gravi violazioni dei diritti umani.

E’ indispensabile sollecitare gli stati ad avviare indagini nei loro paesi, attraverso il principio della giurisdizione universale, contro presunti responsabili di crimini internazionali con l’obiettivo di emettere mandati di cattura internazionali.

 Stefania Lastoria