Ponte e Alta Velocità, ovvero le Grandi Opere

Oggi vorrei riprendere il discorso sul ponte sullo Stretto di Messina, a proposito del quale ho trattato alcuni aspetti tecnici nel precedente articolo del 31 ottobre. La prospettiva di vedere realizzarsi il sogno (o l’incubo?) della sua costruzione appare sempre più concreta, dopo la riesumazione del contratto stipulato nel 2006 con il contraente generale Eurolink (associazione di Imprese capeggiata da Webuild), che sta ora svolgendo le attività stabilite dal “decreto Salvini”.

È stata già redatta la relazione di adeguamento del progetto definitivo del 2011, nella quale sono indicate le prescrizioni da sviluppare per il successivo progetto esecutivo. Il progetto definitivo, la relazione e gli eventuali elaborati grafici necessari, dopo l’approvazione da parte della società Stretto di Messina, dovranno essere sottoposti al benestare delle autorità competenti per i vari aspetti coinvolti, inclusa la valutazione di impatto ambientale, ed infine all’approvazione da parte del CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile).

Nel frattempo, è stato previsto nella legge di bilancio 2024 il finanziamento della spesa complessiva di 11,63 miliardi di euro, suddivisa in importi annuali per il periodo 2024-2032, durante il quale l’opera dovrebbe essere completata.

In proposito, l’ANCE (Associazione nazionale dei costruttori edili), nella sua audizione in Parlamento sulla legge di bilancio, svoltasi il 7 novembre, ha evidenziato che i nuovi stanziamenti infrastrutturali previsti per i prossimi tre anni saranno destinati per oltre i 3/4 alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, e che “tale quota raggiunge l’87% dei fondi stanziati se si considera la totalità degli stanziamenti pluriennali previsti fino al 2038”. La richiesta dell’ANCE è quindi di non fare del Ponte l’opera che drenerà la maggior parte delle risorse stanziate, lasciandone troppo poche per altre infrastrutture di trasporto necessarie nel Meridione, senza le quali il Ponte stesso perderebbe gran parte della sua utilità. 

Quasi a confermare la fondatezza di questa affermazione, un emendamento governativo approvato con la legge di bilancio stabilisce che una quota del finanziamento, pari a 2,3 miliardi, sarà reperita sul Fondo europeo di sviluppo e coesione, in gran parte (1,6 miliardi) dagli stanziamenti per Sicilia e Calabria. Ciò comunque non cambia di molto i termini della questione, dato che rimane sempre a carico del bilancio statale la cifra, più che rilevante, di 9,3 miliardi (a meno che, come viene auspicato da alcuni, non si trovino altre risorse, magari da soggetti privati, che riducano tale onere).

Non è ben chiaro come sia stato determinato il summenzionato costo di 11,63 miliardi, dato che non è stato ancora redatto il progetto esecutivo. D’altra parte, il “decreto Salvini” prescrive che l’importo del contratto originario, stipulato nel 2006 con il contraente generale, deve essere rivalutato alla data di approvazione del progetto definitivo attraverso un meccanismo piuttosto complesso di aggiornamento dei prezzi. Non sappiamo a quanto ammonterà l’importo attualizzato, ma occorre tener conto che, in caso di aumento superiore al 50% di quello originario, la normativa europea impone di indire una nuova gara d’appalto. Qualcuno, quindi, ha avanzato l’ipotesi malevola che la cifra stanziata sia un mero artificio contabile per rientrare nel suddetto limite e mantenere in vita il rapporto contrattuale con Eurolink.

Ma questo colossale impegno finanziario è – si può dire – poca cosa rispetto a quello che sarà richiesto per la realizzazione di un’altra “grande opera”, della quale si parla molto meno: la nuova linea ferroviaria ad alta velocità Salerno-Reggio Calabria. Il costo complessivo di essa viene infatti valutato, in base allo studio di fattibilità, in circa 23 miliardi di euro; non si può escludere, tuttavia, che tale costo aumenti in futuro con la progettazione esecutiva e forse ancora di più – come spesso accade – in corso di costruzione.

La nuova linea dovrà consentire, secondo le Ferrovie, di ridurre a 4 ore i tempi di viaggio tra la Capitale e Reggio Calabria, dalle 5 ore e 1/4 che oggi impiega il treno più veloce. Il progetto di fattibilità tecnico-economica, redatto da Italferr tra il 2021 e il 2022, dopo aver confrontato vari tracciati possibili, ha scelto come più conveniente il cosiddetto “corridoio autostradale”, che, seguendo il percorso (già piuttosto controverso in quanto frutto anche di scelte politiche clientelari) dell’autostrada A3, si allontana dalla costa addentrandosi nell’Appennino. Da un precedente studio di fattibilità, eseguito nel 2005, era risultato invece preferibile il tracciato tirrenico (quello della linea esistente) della lunghezza di 393 km, mentre la soluzione poi scelta misura 445 km, ben 52 km in più: è l’unico caso al mondo di una nuova ferrovia ad alta velocità che sarà più lunga di quella preesistente.

Un primo lotto di questa ferrovia (lotto 1a: Battipaglia-Romagnano, di 35 km) è già stato finanziato per circa 2 miliardi con il PNRR; i relativi lavori sono stati appaltati nello scorso maggio ad un consorzio di imprese (con capofila l’onnipresente Webuild) e se ne prevede – ma forse è una scommessa – l’ultimazione entro il 2026, data limite per poter utilizzare i fondi europei del suddetto Piano. I successivi lotti 1b e 1c (Romagnano-Praia a mare, di 94 km) che completeranno la prima fase del progetto, sono stati invece finanziati con fondi complementari (nazionali) per ulteriori 9 miliardi, con ultimazione prevista entro il 2032.

Non sono al momento finanziati i rimanenti cinque lotti fino a Reggio Calabria, nonché quello tra Salerno e Battipaglia, ed è difficile prevedere quando potranno esserlo. Il costo di questi ultimi lotti (che costituiscono il 70% dello sviluppo complessivo) non è al momento definito con esattezza – come ho detto prima – essendo in corso la progettazione, ma il finanziamento aggiuntivo richiesto dovrebbe ammontare ad almeno 11-12 miliardi di euro, vale a dire quanto il ponte sullo Stretto. Si profila, a mio parere, il rischio che quest’opera rimanga incompiuta per molti anni, considerate anche le minori disponibilità di bilancio che ci saranno consentite dal nuovo Patto di stabilità europeo recentemente approvato.

Per inciso, rilevo che nell’Allegato Infrastrutture al Documento di Economia e Finanza (DEF) 2020 si prevedeva di velocizzare la linea ferroviaria esistente in modo da ottenere la stessa riduzione dei tempi di viaggio con interventi di adeguamento assai meno costosi. A tal fine si introduceva il concetto di “alta velocità di rete” (AVR) secondo il quale, anche se non tutte le linee hanno le caratteristiche dell’AV (cioè velocità superiore ai 250 km/h), sia possibile ugualmente conseguire le prestazioni richieste. Non so se questa soluzione progettuale – certamente molto meno costosa e meno impattante – sia effettivamente realizzabile e rispondente agli obiettivi fissati; sta di fatto che non è stata più riproposta nei DEF degli anni successivi, che sono tornati all’AV vera e propria.

Il rilevantissimo impegno finanziario richiesto dall’opera in questione è dovuto, però, soprattutto alla scelta di destinarla anche al trasporto delle merci: si tratta infatti di una linea ad alta velocità ed alta capacità (AV/AC). Questa soluzione ha un costo considerevolmente più alto rispetto ad una linea AV per soli passeggeri a causa di una serie di esigenze tecniche dovute al transito dei treni merci (minori pendenze, maggiori carichi da sostenere, ecc.) dalle quali derivano una maggiore lunghezza delle gallerie (qui particolarmente numerose e impegnative per la difficile situazione orografica e geologica) e costi strutturali più elevati.

Vari esperti hanno osservato che, in realtà, per il trasporto delle merci non si sono quasi mai utilizzate le linee AV/AC già realizzate, risultando più conveniente far transitare i pesanti e lenti convogli sulle linee tradizionali; nel nostro caso, inoltre, i treni merci possono raggiungere già oggi il porto di Gioia Tauro anche utilizzando il corridoio adriatico-jonico, recentemente potenziato ed adeguato ai requisiti necessari per i trasporti con container.

Ancora una volta, quindi, i nostri governanti mostrano di privilegiare le “Grandi Opere” – ritenendo così, probabilmente, di ottenere maggiore visibilità e consenso elettorale – rispetto ad opere meno spettacolari ma più utili; per non parlare degli interventi di manutenzione, evidentemente indispensabili ma regolarmente trascurati nel nostro Paese, con le conseguenze, sempre dannose e talvolta tragiche, che ben conosciamo.

Adolfo Pirozzi

 

P. S. – Al momento di inviare il presente articolo per la pubblicazione, apprendo da alcuni mezzi di informazione che il tracciato autostradale, a seguito di approfondimenti tecnici, risulterebbe non realizzabile a causa di insormontabili difficoltà geologiche riscontrate in un tratto nell’Appennino calabrese; si intenderebbe perciò ritornare al vecchio tracciato litoraneo, rielaborando radicalmente il progetto finora portato avanti. Questo fatto – se confermato – comporterà notevoli ritardi nella realizzazione della nuova linea ferroviaria, e forse anche problemi per il finanziamento dei lotti successivi al primo (appaltato in tutta fretta per rientrare nei tempi ristretti imposti dal PNRR). Insomma, sarà interessante vedere come si svilupperà la vicenda.

 

 

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