Smarrimento: ogni giorno ricomincia

“In questi tempi di sanguinoso smarrimento, ordinato disordine, pianificato arbitrio, disumana umanità”. Dalle parole di Bertold Brecht prende origine lo smarrimento esistenziale che ci attraversa, così come attraversa ogni artista alle prese con un personaggio con cui deve misurarsi.

Lucia Mascino, al teatro Basilica di Roma, con un monologo scritto e diretto da Lucia Calamaro, cerca un buon motivo per vivere, raccontando la “spiggiolataggine” della vita antinarrativa. Uno spettacolo che inizia senza pubblico, anzi senza spettatori, come chiarisce la Mascino, infatti gli spettatori entrano, prendono posto, cercano la fila, mentre lei è già in scena e recita parte del monologo. Una presenza scenica formidabile, smarrita, confusa, in modo così garbato nel bianco degli abiti e delle scene. Tutto in purezza, anche lo smarrimento senza macchie o elementi fuori posto. Un caos parossistico, ordinato nel disordine dello stress quotidiano. Un corpo a corpo con gli spettatori, continuamente punzecchiati da domande fuori luogo e sguardi intensi. Azioni e azione. Oggetti inanimati che prendono forma tra le mani di Lucia, assumono una funzione di riempimento della scena, ma soprattuto di riempimento di uno smarrimento esistenziale difficile da gestire. I gesti, i movimenti, il tono della voce, la mimica, in contenuto della drammaturgia, trasformano il monologo in un elemento di coralità disordinata, in grado di essere compresa in tutta la sua dirompente ricerca della verità artistica.

Un ritmo incalzante che disarticola l’ascolto da ogni possibile smagliatura autoreferenziale, mette in luce la rottura della realtà con la necessità della finzione quotidiana. Un parlare da sola con solo se stessa, fino allo sfinimento che è l’unico modo per superare la banalità della esistenza senza significati. Un flusso costante di lavoro in una oscurità che non accenna ad albeggiare se non in alcuni momenti. La fragilità e la forza della donna che sente la sconfitta di una condizione dove non si riconosce più. Una quotidianità rinchiusa,  claustrofobica, mette in luce l’incapacità di adattarsi alle cose che ci circondano e che facciamo finta di amare. Smarrimento è smarrire se stessi dentro un calderone che contiene tutto, dai semplici oggetti quotidiani ai grandi sogni e alle utopie, dai pensieri sottili ai grandi interrogativi filosofici e psicologici.

Lucia non si camuffa, si mette in gioco mostrando il suo lato caoticamente confuso e smarrito, così smarrito da essere la parte migliore che ognuno sogna di avere. Non c’è artificio, c’è sincera rappresentazione di uno stato d’animo così intenso e potente da sembrare intangibile, ma una grandissima interprete riesce nell’intento di far credere che una Saila si è attaccata ai denti, o una pera non è masticabile.

Alla fine dello smarrimento mi sono ritrovato, perché ogni giorno lo smarrimento ricomincia.

Claudio Caldarelli

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