Col cuore in gola e la paura di sbagliare

Andarono a votare così le donne del ’46, con un vestito nuovo, il cuore in gola e la paura di sbagliare tra il segno della Repubblica e quello della Monarchia. Avevano già votato alle elezioni amministrative del 10 marzo, ma la chiamata vera, quella storica, fu il Referendum del 2 giugno. Risposero in massa, con un’ affluenza dell’89 per cento. Le gonne entrarono finalmente nella storia: “un nuovo dovere ci fa partecipi integralmente della nuova rinata democrazia”.
Il ’46 fu un anno di riscatto per tutte il mondo femminile senza voce che passava la vita tra la pancia di una gravidanza e la gerla sulla schiena. Per tanto tempo, a dire il vero, nessuna legge aveva proibito alle donne di votare: si votava con lo Statuto Albertino, e  lo statuto Albertino diceva che tutti i sudditi del Regno erano uguali davanti alla legge, con gli stessi diritti civili e politici. Che le donne non votassero era semplicemente dato per scontato. Soltanto alla fine dell’800 si decise di scrivere a chiare lettere che il diritto di voto era negato ai minorati mentali e alle donne. Non solo in Italia funzionava così, ” poiché -scriveva Maria Montessori il 26 febbraio 1906- nelle altre nazioni civili la legge dice che sono ammessi al voto politico tutti quelli che sanno scrivere, fuorché i criminali, i minorenni e le donne. Le “donne”: comprese le grandi umanitarie inglesi e tedesche, compresa colei che mandò sul mondo le irradiazioni del radium, tutte: scienziate, professoresse d’Università, dottoresse, romanziere, poetesse, giornaliste, eroine, artiste, commediografe, e l’immensa massa delle educatrici dell’infanzia, delle insegnanti secondarie, delle impiegate dei telefoni e dei telegrafi, delle commercianti, delle amministratrici, delle operaie innumerevoli, delle lavoratrici della terra; tutte queste forze attive delle nazioni che danno utile contributo alla collettività, sono senza diritti civili- come chi perdé il senno o chi commise dei reati.”
Dalla rivoluzione francese in poi la conquista dei diritti era andata avanti dimenticandosi sempre una mezza umanità, l’altra metà del cielo. Quando finalmente il governo  Bonomi approvò  il Decreto di Legge che estendeva il diritto di voto alle donne, si concluse una lotta di tre generazioni, lunga mezzo secolo.
Il 17 aprile torneremo ai seggi e ci saranno di nuovo verbali da compilare, schede e da contare e da firmare, elenchi elettorali da spuntare. Riprenderemo in mano le matite copiative, tutto sarà segreto, timbrato, vidimato. Riparleremo di percentuali, ci conteremo e riconteremo, noi “gli elettori”, uomini e donne maggiorenni, i mattoni che costituiscono il grattacielo della democrazia. E sarebbe bello se le donne si vestissero di nuovo, il 17 aprile, come se andassero ad un appuntamento speciale. Per festeggiare  la loro partecipazione al voto, che è stata una conquista dura, e il loro far parte dell’elettorato non é poi così scontato.

di Daniela Baroncini

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