Vita: il suo nome

‘Vita’, quale altro nome per il primo figlio della tendopoli di Idomeni? O Cristo o Maria, o Maometto o Shyakyamuni, fate voi. Non sarà come loro un profeta, ma come loro è già Via, Verità e Vita.

Quel neonato sciacquato con una sorsata d’acqua sull’uscio di una tenda di nailon è il simbolo della Via dell’uomo, perennemente fragile sui suoi passi. E’ la via impervia e insicura – a volte priva di ogni senso e direzione – di chi deve camminare il mondo per incontrare, forse, uno straccio di destino.

E’ la Verità inalterabile ed eterna di una tenacia e di un istinto radicati nel vivente. E’ la verità di un Amore che si fa fioritura e cura e soccorso e generosità e dono e legame. E’ l’amore che nasce all’ombra del muro e del filo spinato a sbeffeggiarli, a vincerli, a sbaragliarli ancora una volta.

E’ la Vita che torna, da capo ogni volta, pronta a nascere appena le si offra una possibilità, ed anche quando questo sembra impensabile. E’ la Vita di sempre con una ricchezza arricchita di ogni respiro, di ogni sorriso di ogni lacrima che la vita, in ciascuno, ha respirato, ha sorriso e ha pianto.

Quel bambino è una domanda che esige una risposta. E’ viva semenza di stelle, è un prodigio e un mistero, che ci interrogano senza darci tregua.

O cielo avido di comete – che devi esserti distratto – impallidisci ora, e spaura, al cospetto di questo dio in miniatura, di questa perfezione imperfettibile nata sull’uscio dell’Inferno. Non accigliarti, cielo, di tanta bellezza, solo – se vuoi – straluna di fronte a questo nuovo atomico sole. Lui così piccolo e tu infinito siete, pure, una cosa sola: Vita per sempre, incessante.

di Luca De Risi

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