Quel tecno-angelo ribelle chiamato Snowden

Riccardo Tavani

Che cosa sono destinate a divenire, e cosa sono divenute già la democrazia, la politica nell’era del web, dei media elettronici, della tecno-scienza, ossia delle applicazioni tecnologiche di una globo-sfera scientifica sempre più avvolgente e condizionante? E Julian Assange, Edward Snowden che tipi di protagonisti, di “eroi” sono? Il primo con il cosiddetto caso Wikileaks; il secondo con le rivelazioni sul controllo illegale esercitato dalla N.S.A.-National Security Agency, non solo su tutti i cittadini americani, ma anche su legittimi governi sovrani nel mondo. Due protagonisti entrambi perseguiti dal governo degli Stati Uniti d’America quali trafugatori di segreti di Stato e attentatori della sua sicurezza strategica. Assange – tra l’altro – è stato anche la mente e l’artefice geniale della grande fuga di Snowden da Hong Kong, dove era braccato da centinaia di agenti segreti americani.

Il termine “eroi”, però, può intanto essere speso per questo aver saputo loro cogliere, svelare e rappresentare l’aspetto più peculiare di un passaggio d’epoca. L’eroe civile, infatti, non è più il politico dalla lungimirante visione strategica, o il difensore dei diritti umani, di popoli e minoranze, coerente e tenace, fino all’abnegazione, alla messa in gioco della propria vita. No, l’eroe – oggi – è innanzitutto e soprattutto uno super smanettatore, una persona che sa muovere, governare e far parlare lo spazio elettronico più profondo, più nascosto, segreto e indecifrabile alla massa. Tutto ciò che caratterizza la classica figura dell’eroe può seguire ma non precedere questa primaria qualità tecno-informatica, precipua dell’era elettronica. Questo sono stati Assange e Snowden e per altri versi lo è quell’hacker, quel pirata informatico collettivo e mascherato che va sotto il nome di Anonymus.

Oliver Stone, nel suo lungo racconto cinematografico della storia contemporanea americana, non poteva – partendo dal capitolo “John Fitzgerald Kennedy” – che approdare a quello “Edward Joseph Snowden”. Dalla morte di un eroe politico, o dalla morte della politica tout-court, alla nascita del nuovo eroe tecno-scientifico, informatico, post-politico. Il regista americano e il suo produttore Martin Borman sborsano 700.000 dollari per acquisire i diritti del libro The Snowden Files di Luke Harding del Guardian, e un altro milione per Time of the Octopus dell’avvocato russo Anatoly Kucherena. Il film esce inoltre preceduto da due grandi documentari di successo. Uno, Citizefour, della regista Laura Poitras, che diventa anche un personaggio del film di Stone. È il vincitore dell’Oscar 2015 nella sezione documentari. L’altro è Snowden’s Great Escape dei giornalisti televisivi John Goetz e Poul-Erik Heilbuth.

Attorno al filo della verità storica e biografica, Oliver Stone intreccia l’imbastitura forte della sua cifra formale, stilistica, narrativa, tematica. La sua classica filosofia e tecnica del montaggio alternato, non è qui soltanto particolarmente serrata ma si squarcia a tratti in immagini di alta qualità artistico-elettronica. Queste ci fanno precipitare sensibilmente nel tema del labirinto informatico, dell’occultamento della verità da parte del potere politico ed economico, della manipolazione nel buio dei circuiti digitali della democrazia. L’eroe nasce, si nutre si forma, si potenzia nelle viscere di questa ragnatela oscura che avvolge e riplasma i valori costituzionali, patriottici americani, pervertendoli nel suo opposto.

Snowden proviene da una onorata famiglia di militari. Sua madre è impiegata presso la Corte Federale del Maryland. Edward si arruola nel corpo speciale dei Berretti Verdi che ha come motto “De Oppresso Liber”, Libero dall’oppressione. A seguito di un incidente, si congeda e riesce a entrare direttamente nei servizi informatici della CIA, grazie alle sue vertiginose capacità di smanettatore. Qui è presto scelto per andare a sviluppare i due nuovi programmi supersegreti della NSA: Prisma e Tempora.

È questo il cielo più alto del paradiso elettronico-spionistico Usa: quello a contatto diretto con il dio negli algoritmi, nei big data del mostruoso controllo planetario di massa. Più Edward si addentra in esso, più crescono il lui le ali del tecno-angelo ribelle. E la domanda che Oliver Stone ci pone dallo schermo, con ritmo sempre più incalzante, è questa: “Chi è più patriottico? Chi obbedisce o chi si ribella?”. In Snowden’s Great Escape Michael Hayden, ex direttore della NSA, dice: “Come può Snowden, ossia un singolo individuo, avere la presunzione di imporre un proprio valore morale, contro quello che l’America, lo Stato, i suoi apparati hanno ritenuto e stabilito come buono?” È proprio attraverso le sue parole che riusciamo a capire bene la posta in gioco nella partita tra politica, democrazia, libertà e tecno-scienza.

 di Riccardo Tavani

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