Kinderfobia

“Non ci si ferma davanti a niente”. È stato questo il commento che ha aperto le proteste della destra xenofoba tedesca nei confronti della Kinder. Colpevole, secondo loro, di aver sostituito l’ormai famosissimo bambino biondo e occhi azzurri delle sue barrette al cioccolato con altri addirittura neri o con tratti evidentemente non europei.
Una nuova invasione mediatica di immigrati dunque, anzi per alcuni quelle foto erano addirittura l’identikit dei prossimi terroristi.
Ma i sostenitori di Pegida, gruppo di “Europei patriottici contro l’islamizzazione dell’occidente”, non si erano accorti che quelle facce altro non erano che i calciatori della nazionale tedesca di calcio da bambini.
Era il frutto di una nuova campagna pubblicitaria, lanciata in prossimità degli Europei in Francia, in cui tra l’altro la Germania avrà un ruolo di primo piano. Campione del mondo in carica, la sua è la rosa più internazionale di tutte. C’è Jerome Boateng, padre ghanese e madre tedesca, oppure Miroslav Klose, ormai ex attaccante della Lazio, nato e cresciuto in Polonia come Lukas Podolski. Ci sono Sami Khedira, cittadino tunisino, o Mesut Ozil, di origini turche come Ilkay Gundogan. Tutti campioni del mondo con la Germania.
Una nazionale che ha aperto sempre le porte a tutti. In passato c’erano Mario Gomez, spagnolo, Mehmet Scholl, figlio di papà turco, o addirittura  Kevin Kuraniy, nato in Brasile da padre ungherese e madre panamense.
Per molti c’era proprio questa apertura alla radice dei successi calcistici della Germania.
Vittorie sul campo che stanno riaccendendo un sentimento patriottico sopito da tempo e che si sta unendo, negli ultimi anni, ad idee xenofobe ed estremiste. Così appena due anni fa, quando la loro nazionale si apprestava ad alzare al cielo la Coppa nel Mondo, nelle vie di Berlino alcuni tedeschi di origine turca venivano picchiati perché sventolavano una bandiera tedesca.
In campo c’è spazio per tutti, soprattutto se vinci, fuori evidentemente no.

di Lamberto Rinaldi