Omicidi senza colpevoli

CamillieriA metà settembre Tiziana Cantone si è tolta la vita. Per chi non lo sapesse, Tiziana era una trentenne, assurta agli onori della cronaca per un video in cui derideva il fidanzato cornuto, mentre praticava una fellatio ad un amico. Il video era stato condiviso con altri amici, qualcuno lo aveva fatto uscire dal circolo privato e, nel giro di poche ore, la giovane si è ritrovata nelle pagine dei giornali. Una curiosità: la paladina delle donne, Selvaggia Lucarelli, accettò, senza lamentele, che un suo collega del Fatto etichettasse la Cantone come “aspirante pornostar” sulla base di nessun dato, ma si è adoperata, con spirito eroico, per sputtanare un semi-anonimo trombonista dell’orchestra sinfonica di Salerno, al secolo Antonio Foglia, reo di aver insultato pesantemente la Cantone. Perché nomino la Lucarelli? Perché voglio trovare un colpevole e il giornale per cui scrive, il Fatto Quotidiano, lo è: fu uno dei primi a lanciare il “fenomeno Cantone” nel firmamento dei social. Il bello dell’omicidio Cantone è che tutti possono trovare un capro espiatorio. I ragazzi che condivisero il video possono dire che è stato il voyeurismo ad ucciderla, sarebbe bastato ignorare quel video. I giornali possono dare la colpa al loro pubblico, loro si limitano a rispondere a una domanda di mercato, offrendo un’adeguata offerta. La Cantone non ha colpe, è diritto di ogni donna deridere il proprio fidanzato facendo un video porno da condividere con gli amici, se poi fosse stato l’ex ad ammazzarsi per la vergogna, beh se ne parlava. Chi fa battute sulla Cantone e la deride non ha colpe, sta solo raccontando un fatto, usando lo strumento della satira sociale.
Pochi giorni dopo i media rilanciano altre due notizie. Il cloud di Diletta Leotta è stato hackerato e sono state diffuse 8 foto hot che la stessa teneva nell’archivio online, presumibilmente per rimirarsi il sedere e le tette con calma quando non aveva un bagno libero a disposizione. Poche ore dopo altre 3000 foto sono a rischio divulgazione: stavolta è stata colpita Peppa Middleton. E i giornali? Massimo risalto alla notizia, tag che indicano la presenza di foto e video (anche se poi non ci sono, perché si rischiano querele), massima eco e bombardamento sulle proprie pagine Facebook e Twitter.
Abbiamo il movente, abbiamo gli indiziati, abbiamo il cadavere e persino l’arma del delitto. Chi ha ucciso la Cantone? Chi ha tentato di uccidere la Leotta? Chi ha ucciso il figlio di Bélen? Già, la Rodriguez ha dichiarato di aver perso un figlio per colpa di un video hard che aveva girato col suo ex e che ha fatto il giro dei cellulari di tutto il mondo. Chi ucciderà la prossima sfortunata?
Perdonatemi una piccola digressione. Nel 1997, quando ero al Liceo, si diffuse la voce che una minorenne delle mie zone era stata filmata di nascosto, durante un amplesso: la registrazione era contenuta in un VHS che stava facendo il giro. Ne avete mai sentito parlare? Non credo, la ragazza si chiamava Olimpia (almeno così mi dissero) e né io, né voi, abbiamo mai visto il video. Vent’anni fa, qualcosa nel meccanismo perverso che ha ucciso Tiziana non si innescò.
La colpa è come un’enorme torta su cui vanno indicate delle percentuali, sarebbe stupido e riduttivo additare un solo colpevole. Su questa torta non ha importanza mettere dei numeri, basta individuare le fette più grosse. Tralasciamo chi ha ri-condiviso il video appena ricevuto, magari su WhatsApp, queste persone hanno soltanto una colpa che sia accertabile, quella di essere curiosi e pettegoli. Tralasciamo chi fa satira (sì, mi sto autoassolvendo) che non ha altra colpa che quella di voler raccontare dei fatti, usando l’ironia di cui è dotato; perché chi fa satira prende solo atto della notizia quando già la stessa è diventata troppo grande per essere ignorata, e dunque vi è solo la responsabilità, risibile, di amplificare ancora, un minimo, ciò che è già fuori controllo. Tralasciamo la Cantone (o la Leotta, o la Rodriguez) che hanno tutto il diritto di fare ciò che vogliono nella loro vita privata ma su cui, mi si conceda, si può riversare un briciolo di quella torta, per il solo fatto di non aver usato la cautela di preservare la propria privacy evitando di affidarla a dei perfetti idioti. Restano solo due responsabili ed a loro vanno le due fette più grosse. I primi, temporalmente e moralmente, oltre ogni dubbio, sono coloro che hanno fatto uscire il video dall’ambito privato. Essi sono colpevoli, vanno perseguiti, perché hanno deliberatamente dato quelle immagini in pasto alla rete, agendo in maniera criminale; non ci sono scusanti di sorta.
I secondi, sono i giornali come Il Fatto, Repubblica, Il Giornale, il Mattino… Il video aveva già fatto il giro di mezzo mondo e, probabilmente, avrebbe continuato, ma a lanciare il fenomeno “Cantone” sono state, indubbiamente, le testate nazionali che non si sono limitate a riportare la “notizia” ma l’hanno condita, rilanciata, montata e imbottita di rimandi che lasciavano intendere la presenza di video e foto da ricercare e visionare. Ancor più colpevoli, perché a fronte di questa lapidazione mediatica, dopo la morte della ragazza, hanno ripetuto, a distanza di poche ore, lo stesso canovaccio con la Leotta. Le voci della gente uccidono, feriscono ma quando a riferirle è un giornale nazionale, le voci diventano caratteri, parole, epiteti, vengono rivestiste di pesante inchiostro, si tatuano sulla persona in maniera indelebile, al punto da non permettere più fughe, cambi di identità.
La Cantone l’abbiamo uccisa tutti, probabilmente, ma due pietre sono state scagliate con precisione e forza omicida, senza nulla togliere ai sassolini in grado di ferire e provocare dolore che tutti noi siamo responsabili di aver lanciato.

di Marco Camillieri

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