Bianchi: come la morte
Morti sul lavoro. Le imprese spesso sfuggono alle loro responsabilità cercando di camuffare la realtà dei fatti.
“Morti bianche” è questa l’espressione che ricorre spesso e che viene utilizzata dalla cronaca per definire chi muore sul lavoro.
Li chiamano incidenti sul lavoro, omicidi sul lavoro, morti bianche: il senso è sempre lo stesso.
Un fenomeno tutt’altro che nuovo, ma spesso ignorato dai grandi mezzi di comunicazione. Non meritano che due righe sui quotidiani, a malapena una citazione nel telegiornale.
“Morti bianche”, un modo di dire sarcastico, ma sono il risultato dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, il risultato del considerare la vita che non ha valore rispetto al profitto.
“Morti bianche”, un modo di dire ironico, ma non sono incidenti, dipendono dall’avidità di chi si rifiuta di rispettare le norme sulla sicurezza sul lavoro.
“Morti bianche”, ma sono un’emergenza nazionale.
Parlare di lavoro e di sicurezza sul lavoro implica un’analisi approfondita di alcuni problemi evidenti che vanno dall’estrema frammentazione del processo produttivo in imprese sempre più piccole che disincentiva la sicurezza, alla sequenza di appalti e subappalti, le imprese invece di investire ed allargarsi, continuano a decentrare, a subappaltare, ad esternalizzare, alla competizione del mercato scaricata sulla sicurezza e sui costi del lavoro etc. etc.
Le imprese spesso sfuggono alle loro responsabilità cercando di camuffare la realtà dei fatti.
La sicurezza nei luoghi di lavoro non è percepita dai vertici aziendali come un dovere, ma come una voce negativa sul bilancio.
Un mondo del lavoro improntato solo sul profitto e sulla concorrenza selvaggia.
Un mondo ancora oscuro, fatto di silenzi, ma che cela storie di dolori e sacrifici, storie di vite umane.
Ancora vittime e ancora nessuna soluzione al problema dilagante delle morti sul lavoro che ormai da tanto, forse troppo tempo, sono protagonisti delle pagine di cronaca. Ancora stragi, ancora disgrazie che si perdono tra le righe delle cronache nazionali.
Il lavoro dovrebbe essere garanzia di sicurezza e stabilità per sé e per i propri cari, fattore di benessere, di sviluppo e di autorealizzazione, invece troppo spesso diventa uno strumento che strappa il lavoratore alla propria famiglia.
L’Italia ha il record assoluto di morti sul lavoro in tutta Europa.
Un paese che si definisce civile non può permettersi di avere tutte queste morti sul lavoro.
Quasi ogni anno più di mille persone perdono la vita durante lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza.
La politica potrebbe fare moltissimo per far diminuire drasticamente questa carneficina.
Occorre lavorare per una maggiore sensibilità verso questi temi, che sia condivisa a tutti i livelli di responsabilità, affinché il fenomeno, ed oserei dire, il dramma degli incidenti sul lavoro esca definitivamente dalla zona grigia della fatalità.
È un obiettivo impegnativo, ma è indispensabile raggiungerlo per garantire una sempre maggiore sicurezza nel lavoro.
Quanto tempo passerà ancora prima di fermare questo stillicidio quotidiano nei luoghi di lavoro?
Quanto tempo ancora, prima che si possa finalmente arrestare il tragico numero dei morti, degli infortunati, degli invalidi?
di Maria De Laurentiis