Marcello Cimino: ucciso dalla povertà e dalla indifferenza

Marcello Cimino aveva 45 anni, dormiva in strada sotto i portici del convento dei cappuccini di Palermo dove di giorno andava a mangiare. E’ stato barbaramente ucciso dalla povertà. La povertà che genera disperazione e produce barbarie. In questo caso la disperazione ha un nome, Giuseppe Pecoraro, un benzinaio che frequentava la stessa mensa dei frati cappuccini. Lo ha bruciato vivo, per una questione di gelosia. Gelosia di cosa, quando non si ha nulla, di cosa si può essere gelosi se non della propria condizione di povertà. Eppure è accaduto in questi giorni a Palermo. Le immagini video sono raccapriccianti, difficili da guardare e difficili da metabolizzare in un contesto in cui l’ex presidente del consiglio Matteo Renzi, al Lingotto di Torino apre la sua campagna elettorale interna con lo slogan:tornare a casa per ripartire insieme. Lui una casa dove tornare ce l’aveva quando è stato rimandato “a casa” dagli italiani con il voto sul referendum costituzionale. Milioni di no per rimandarlo a casa. Ora vuole tornare insieme. Insieme a chi? A Marcello Cimino che una casa dove tornare non ce l’aveva, non aveva neanche un lavoro e non aveva neanche di che mangiare. Marcello Cimino era uno dei milioni di italiani che non hanno una casa e un lavoro. Era uno dei milioni di pensionati che non arrivano a fine mese e per mangiare rovistano tra i rifiuti dei mercati rionali delle grandi città. La sindaca Virginia Raggi per evitare che mangino, approva una delibera che vieta di rovistare tra i rifiuti, dice per il decoro della città, ma chi non mangerà saranno i più poveri ai quali non viene offerta una alternativa al rovistare.
Marcello Cimino era un uomo, dice il ministro Minniti cogliendo la commozione generata da una morte così orribile, ma dimenticando di dire dove era quando la corruzione dilagante investiva anche i membri del governo di cui fa parte, quando regalava prima quattro e poi venti miliardi di euro al Monte dei Paschi di Siena e alle altre banche. Miliardi che potevano garantire un reddito di cittadinanza, che potevano essere redistribuiti in azioni di sostegno ai più poveri, in occasioni di lavoro pei i giovani, che saranno i più poveri di domani. Si, ministro Minniti, Marcello Cimino era un uomo, noi lo abbiamo sempre saputo, Lei lo scopre adesso, e un po’ come Ponzio Pilato dice la frase ad effetto e se ne lava le mani. Ripartire insieme è lo slogan con cui suonate le trombe della riscossa di una situazione drammatica di cui avete delle enormi responsabilità. Lo sappiamo che ripartirete insieme ai bancarottieri, ai corrotti, che ancora si annidano nelle Istituzioni da voi dirette, agli evasori fiscali, ai mafiosi, a tutto quell’indotto inutile che chiamate lobbisti, che hanno il solo scopo di fare gli interessi dei poteri che rappresentano, impoverendo il paese, e gli avete dato anche gli uffici a Montecitorio. Ma guarda caso, avete dimenticato di dare un ufficio ai poveri che non hanno una casa, così non sentite le loro rimostranze. E’ vero Marcello Cimino era un uomo, ma lo era per noi, non per voi che “ripartite insieme” alle persone sbagliate.
Marcello Cimino è morto bruciato vivo dalla povertà e dalla indifferenza alla povertà che ha usato come braccio armato la disperazione di un benzinaio. E’ morto bruciato vivo sotto i portici dei cappuccini, in diretta video, ripreso dalle telecamere di sorveglianza, per essere rilanciato sui media e fare audience. Una morte atroce che non cambierà le cose: continueremo a morire di povertà acquisita. “Il cuore si strappa” l’arcivescovo Corrado Lorefice usa parole forti “E’ terribile pensare fino a che punto un uomo sia capace di spingersi e di fare un gesto di questo genere. Vuol dire che il cuore degli uomini sta diventando di pietra, perde la propria identità. Vedere quelle immagini significa che il cuore si strappa”.

di Claudio Caldarelli

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