Aquarius: 20mila salvataggi in un anno e mezzo

Una nave lunga 77 m, larga 11,8.
Un equipaggio composto da 32 persone, tra gli esperti del settore nautico e tecnico ed il personale addetto al salvataggio e quello medico.
Esatto, salvataggio. Perché la nave Aquarius non è una nave qualsiasi, bensì una nave addetta al recupero dei profughi in difficoltà che partono dall’Africa e si dirigono verso il canale di Sicilia.
La nave Aquarius è il frutto della missione della ong SOS Méditerranée, nata in Germania ed operativa in Italia ed in Francia.
Una realtà, quella della Acquarius, totalmente al di fuori dagli inghippi europei, dagli accordi, dai finanziamenti dell’UE, in quanto opera grazie al volontariato, alle donazioni di chiunque voglia contribuire al suo grande lavoro.
SOS Méditerranée salva ogni giorno vite umane, persone che, sui loro battelli o gommoni, sono in fin di vita e magari hanno già perso ogni speranza. Per loro, l’Aquarius è l’unica ancora di salvezza, il miraggio laddove ogni cosa sembra ormai persa per sempre. A bordo, i medici si adoperano per effettuare interventi e cure d’urgenza.
Non è sicuramente un lavoro facile per l’equipaggio: quando si salvano delle vite umane non si può che stare bene, sentirsi orgogliosi di sé stessi e del lavoro che si sta facendo. Quando, però, non ci si riesce, quando si arriva troppo tardi, quando gli occhi assistono a scene drammatiche e strazianti, quando in nave salgono cadaveri, anziché uomini e donne grati e felicissimi di essere stati salvati, ecco, in quel momento quello potrebbe diventare il lavoro più brutto del mondo.
Solo pochi giorni fà, al porto di Catania, la nave ha festeggiato il salvataggio di 20mila vittime nel suo anno e mezzo di attività, proprio nei giorni in cui a Roma si discute sui codici di condotta delle ONG.
Possibile che ci si debba giustificare per salvare vite umane?

di Ludovica Morico