Il telefono senza fili di Meron Estefanos

Una cucina, un tavolo ed un cellulare sono le armi con cui Meron Estefanos ogni giorno combatte la sua “battaglia a distanza” per i diritti umani del popolo eritreo.
Di origine eritrea, Meron Estafanos è cresciuta in Svezia, dove oggi vive insieme ai suoi due bambini.
È una madre single, una giornalista, una cittadina europea, uno di quei tanti volti che siamo ormai abituati a vedere su un barcone in mezzo al Mediterraneo, sulle coste di Lampedusa o tra le strade delle nostre città, lontano dalla propria terra.
Ed è proprio il legame con quella terra e con i suoi abitanti che ha spinto Meron, di ritorno da un viaggio in Eritrea, a schierarsi contro il governo eritreo e le norme vigenti che limitano la libertà dei giovani, decidendone il destino. Un destino a cui lei è sfuggita, ma che colpisce tutti i giovani eritrei, uomini e donne, indistintamente costretti alla leva militare dai diciassette ai quarant’anni, un destino di sottomissione e sofferenza da cui molti di loro tentano di scappare, con la paura dell’ignoto ed un’ultima disperata speranza.
La stessa speranza che nel 2010 Meron ridiede a 320 migranti eritrei, che rischiavano di affogare in mare.
Era notte fonda quando ricevette una telefonata da un numero sconosciuto. La chiamata proveniva da una barca che vagava letteralmente in mezzo al Mar Mediterraneo. Meron spaventata tentò di mettersi in comunicazione con la guardia costiera italiana, indicando loro le coordinate esatte e riuscendo così a mettere in salvo tutti i passeggeri della barca.
Quella fu la prima di migliaia di telefonate a cui giornalmente Meron risponde, una delle tante storie che ascolta e racconta nella sua trasmissione radiofonica “The Voice of Eritrean Refugees”, in onda ogni giovedì su Radio Erena; quei migranti solo alcuni delle tante vittime che Meron è riuscita ad evitare, direttamente da casa, con solo una grande forza d’animo e l’indomita speranza di riuscire ad aiutare anche a km di distanza la proprio gente, a restituire a qualcuno di loro un po’ di quel destino che gli è stato negato. Senza bisogno di un grande potere: soltanto con la convinzione di voler operare nel giusto.

di Giusy Patera