Angela Davis, simbolo della lotta indiscriminata contro tutte le discriminazioni

“Spesso le persone mi chiedono se l’impegno del passato sia stato vano e io rispondo di no: è stato fondamentale e non lo rimpiangerò mai. Vedo i ragazzi e le ragazze che hanno ripreso quelle lotte e mi rendo contro che sono molto più capaci di noi, che hanno strumenti intellettuali migliori dei nostri. Penso sia un periodo meraviglioso per avere vent’anni. E anche per essere vecchi”. A dirlo è stata Angela Davis che nella sua splendida chioma anni Settanta e nei suoi fieri pugni alzati è diventata un’icona mondiale della lotta per i diritti civili.

Nata e cresciuta a Birmingham, Alabama, passa dal frequentare l’unica, sprovvista biblioteca per soli neri della città, alle scuole di Greenwich Village: qui, tra gli ambienti alto-borghesi, Angela scopre il socialismo, il comunismo, per poi approfondire i suoi studi tra Francia e Germania. Nel 1968 a Los Angeles investe 50 centesimi nella sua prima tessera: si iscrive così al circolo black del Partito Comunista americano. Negli stessi anni entra a far parte delle Pantere Nere. Tutto però ha un prezzo: la sua appartenenza politica porterà l’allora governatore della California, Ronald Reagan, a chiedere ed ottenere che la Davis venga licenziata dall’Università californiana. L’allontanamento scatena tante manifestazioni di solidarietà, ma altrettante minacce di morte: Angela è costretta a cambiare casa tre volte, sempre sotto scorta.

Il 7 agosto 1970, nel mezzo di un’accesa rivolta a San Rafael, California, alcuni giovani ragazzi di colore entrano in un’aula di tribunale e rapiscono il giudice Harold Haley: nel tentativo di fuggire con il magistrato al seguito, il gruppo di attivisti finisce coinvolto in un conflitto armato con la polizia. Eccetto un giovane, per il resto muoiono tutti, compreso Harold Haley. Si scoprì che le armi usate erano intestate alla Davis, a quei tempi nella lista dell’Fbi dei 10 criminali più pericolosi: il 13 ottobre Angela viene arrestata con l’accusa di rapimento, cospirazione e omicidio. Verrà rilasciata su cauzione solo nel febbraio 1972 e a giugno dello stesso anno viene assolta con formula piena. “Sister, there’s wind that never dies. Sister, we’re breathing together” cantava John Lennon chiedendo la liberazione dell’attivista americana.

In carcere Angela trova molto tempo per scrivere lettere che rappresentano oggi i capi saldi della lotta per i diritti civili, e altrettanto per leggere: tra le sue letture preferite c’era “Soledad Brother”, un libro “non permesso”. Uno degli autori è George Jackson, in carcere dall’età di 18 anni per aver rubato 70 dollari. Durante il processo alla Davis, l’accusa tira fuori le “love-letters” che una giovane Angela e George si sono scambiati per mesi. L’obiettivo è dimostrare che una passione ingovernabile ha fomentato la lotta dei due giovani attivisti. Le lettere vengono lette in aula e pubblicate su una rivista. Un amore tra ragazzi divenuto di dominio pubblico.

George e Angela avevano iniziato a scriversi dopo il primo incontro. Si rivedono un giorno del 1971, nella mensa del carcere: George è ammanettato ma, stando alla versione ufficiale, tenta comunque l’evasione con una pistola in mano, di nuovo intestata alla Davis. Una guardia carceraria allora lo punta e gli spara uccidendolo. Sarà forse per questo che, una volta libera, Angela ha sempre lottato contro la detenzione di milioni di afroamericani.

Poco prima della liberazione la paladina afroamericana rilasciò un’intervista: “Quando qualcuno mi chiede conto della violenza nelle manifestazioni io lo trovo incredibile. Chi fa queste domande non ha idea di cosa ha passato la gente della mia comunità”. Angela racconta al giornalista cosa abbia voluto dire crescere nella Birmingham di Bull Connor, simbolo internazionale del razzismo istituzionalizzato: in una manifestazione del 2 maggio 1963, per sedare la folla, Connor ricorse a tubi antincendio e cani lanciati all’attacco. A fine giornata erano stati arrestati 959 bambini, tra i 6 i 18 anni. “La violenza è parte integrante della società odierna, come potrebbe non esserci nelle manifestazioni? L’espressione ‘una protesta pacifica’ è un ossimoro”.

Oggi Angela non è più iscritta al partito, ha insegnato all’università di Santa Cruz ed è stata alla direzione del “Women Institute”. Con la sua folta chioma, così alla moda a quei tempi e sotto la quale nasceva una rivoluzione per un mondo migliore, Angela Davis si è guadagnata anche un posto nel dipinto “I funerali di Togliatti” di Renato Guttuso. Come si deve a qualsiasi brava ragazza rossa, cresciuta a pane e ideali.

di Irene Tinero

Print Friendly, PDF & Email