È morto Charles Manson, l’assassino di Sharon Tate che terrorizzò Los Angeles
Ci sono delle morti davanti le quali provare pietà è impossibile. Anzi, in un certo senso ci fanno tirare un sospiro di sollievo. Il 19 novembre, al Kern County Hospital, California, è morto Charles Manson, uno dei più efferati assassini, nella folta schiera americana, mandante della strage di Cielo Drive.
È il 9 agosto 1969. Cinque ragazzi, tutti armati, entrano di notte al 10050 di Cielo Drive, Los Angeles. Sono Charles ‘Tex’ Watson, Susan Atkins, Patricia Krenwinkel e Linda Kasabian, affiliati della setta “Charles Manson’s Family”. In casa ci sono: Sharon Tate, modella e attrice, moglie del regista Roman Polanski e dei suoi amici, Jay Sebring, Wojciech Frykowski e Abigail Folger.
Sharon Tate aveva sposato Polanski il 20 gennaio 1968 e in quella estate di libertà, rivoluzione e amore libero era incinta di 8 mesi: avrebbe dovuto partorire due settimane dopo. La modella americana fu ritrovata con una corda al collo, legata al suo amico Sebring, uccisa da ben 16 coltellate al ventre. Sul muro, con il sangue di tutti gli amici uccisi, la setta aveva lasciato la propria firma: Susan Atkins aveva provveduto a scrive “Pig” (porco) e “Helter Skelter”, titolo di una nota canzone dei Beatles. Sul vialetto davanti casa un’altra vittima: Steven Parent, morto nel tentativo di scappare.
Non soddisfatti, il giorno dopo gli affiliati colpiscono ancora: si introducono nella casa di un imprenditore italoamericano e uccidono lui, Leno LeBianca, e la moglie, Rosemary. L’uomo fu ritrovato con un forcone nello stomaco e la donna con 40 colpi di forchetta nel cranio. Ancora una volta, a sigla del gesto, furono rinvenute scritte sul muro con il sangue delle vittime. Le voci intorno alla “Family” di Manson, che in quel periodo viveva sul set abbandonato di un film western, iniziano a circolare in una Los Angeles impietrita e spaventata. Il presunto movente di questi delitti così efferati sembrano essere delle occasioni di successo musicali negate allo stesso Charles Manson. Lui si riteneva un talento, ma di fatto non lo era.
Il padre fondatore della Famiglia, inizialmente arrestato per droga, viene incriminato nel 1971 insieme a tutti gli altri per gli omicidi commessi. Il processo dura un anno, Manson viene condannato a morte ma la fortuna gira sua favore: poco prima della sentenza definitiva, nel 1972, la California abolisce la pena capitale. La libertà sulla parola è stata negata ben 10 volte a Manson che in totale ha scontato 45 anni nel carcere di Coronar, California. Prima di lui, della setta, è morta solo Susan Atkins a seguito di un cancro. Nessuno tra di loro, né morti né tanto meno i vivi, si è mai detto pentito per quello che ha fatto. Nel 2014 Afton Elaine Burton, una delle tante fan che vede in Manson un’icona pop e non un pluriomicida, aveva chiesto di sposarlo,vedendo tuttavia svanire i propri sogni. “Ironia” della sorte la pretendente americana, all’epoca dei fatti, aveva 26 anni, la stessa età di Sharon Tate quando è stata brutalmente uccisa. Ecco uno degli effetti collaterali negativi che si originano quando cinema e serie tv esaltano, in modo sbagliato, figure senza scrupoli.
Manson era nato il 12 novembre 1934 a Cincinnati, Ohio. La madre, Kathleen Maddox, quando lo mette al mondo ha 16 anni e per vivere si prostituisce. Un certo “colonnello Scott” viene riconosciuto come il padre. La vita sregolata della donna la porta a entrare e uscire dal carcere: Charles trascorre i periodi di detenzione della madre con gli zii in West Virginia. L’infanzia di Manson sarà tracciata da abusi e violenze sessuali. Fonda la “Family” sul finire degli anni Sessanta: Manson riesce a calamitare intorno a se numerosi adepti, diversi tra loro ma tutti estremamente devoti: credono in Satana, in Scientology, nelle droghe e in Charles ovviamente, il quale a sua volta ritiene che i Beatles inviino loro dei messaggi subliminali che li inducono a compiere questi atti, soprattutto con la canzone “Helter Skelter”.
Il 16 novembre sull’altra sponda dell’Atlantico moriva il “Capo dei capi”, Totò Riina e la domenica in California è venuta l’ora di Charles Manson. Nella stessa settimana ognuno si è liberato dei propri “scheletri negli armadi”.
di Irene Tinero