Tavecchio e l’Italia, vocabolario dell’ignoranza

Sindaco dal 1976 al 1995, eletto nelle liste della Democrazia Cristiana ma anche consulente del Ministero dell’Economia e delle Finanze e componente della commissione ministeriale presso il Ministero della Salute. Ci credereste se vi dicessimo che stiamo parlando dell’ormai ex presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio? Si, Carlo Tavecchio è stato tutto questo: primo cittadino di Ponte Lambro, in provincia di Como, per quattro mandati consecutivi, un posto in banca da dirigente e un via vai nei tavoli che contano tra un ministero e l’altro. Tavecchio è l’immagine peggiore dell’uomo di potere, quella purtroppo cristallizzata da tempo nel nostro immaginario politico e non, con appena un’infarinatura, nei migliori dei casi, su quelle che devono essere le sue competenze, ma in compenso con una grande e fitta rete di legami e di amicizie, di rapporti e di clientele.

Ma per capire meglio il profilo del numero uno del calcio italiano non serve analizzare le disfatte sportive a cui abbiamo assistito e neppure leggere il curriculum. Basta rileggersi le parole che ha pronunciato nell’arco della sua carriera. Partiamo dal 25 luglio 2014, Tavecchio è presidente della Lega Dilettanti, e a proposito della questione dei settori giovanili italiani e dei giocatori stranieri dice: “Le questioni di accoglienza sono una cosa, quelle del gioco un’altra. L’Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare, noi invece diciamo che Optì Pobà è venuto qua che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così”. Era sempre sulla stessa poltrona quando invece parlò in questi termini del calcio femminile: “Noi siamo protesi a dare in questo momento una dignità anche sotto l’aspetto estetico della donna nel calcio. Perchè finora si riteneva che la donna fosse un soggetto handicappato rispetto al maschio sotto l’aspetto sulla resistenza, sul tempo, sull’espressione atletica. Invece abbiamo riscontrato che sono molto simili”.

Quello delle donne nel mondo del calcio sarà un argomento sempre complicato per Tavecchio, aldilà delle presunte avances sessuali denunciate da una dipendente della Federazione negli ultimi giorni. Renzo Ulivieri, presidente dell’AssoAllenatori che prima si schierò contro la sua elezione per poi prendere le sue difese nell’ultimo mese, rivelò che nel 2014 Tavecchio aveva proposto alla FIGC un progetto sul calcio femminile dal titolo “Spogliati e Gioca”, mentre questa estate, in un tavolo tecnico con l’antimafia sulla situazione degli impianti sportivi italiani, il presidente affermò di voler fare degli stadi un ambiente sociale aperto sempre, prima e dopo le partite, tutta la settimana, e creare all’interno “magari un cinema o una farmacia e pure la lap dance”.

Donne, stranieri ma non possono mancare nel repertorio dell’individuo sparate contro i gay (“Io non ho nulla contro, però teneteli lontani da me. Io sono normalissimo”) ed ebrei (“Bisogna tenerli a bada”). Sempre a proposito di antisemitismo, Tavecchio definì “ebreaccio” l’agente immobiliare Cesare Anticoli, anni 87 e scampato ad un’esecuzione nazista, colpevole di aver acquistato la sede della Lega Dilettanti.

Questo è l’uomo che ha controllato lo sport più seguito d’Italia, che ne ha dettato i tempi e stabilito le leggi. E se la disfatta dell’Italia fuori dai Mondiali ha contribuito a eliminare questa figura, possiamo dire veramente che non è poi così una tragedia.

di Lamberto Rinaldi

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