L’Europa condanna la Russia: non si indaga sui mandanti dell’omicidio Politkovskaja e le Pussy Riot finiscono di nuovo in carcere

Dopo deposta, ora il presidente russo Vladimir Putin rischia anche di diventare misogino visti i guai che il gentil sesso gli procura, oggi come in passato. La Corte europea dei diritti dell’uomo condanna il Cremlino su ben due fronti: l’omicidio di Anna Politkovskaja e il gruppo punk rock anti-Putin “Pussy Riot”. 

Secondo la Corte europea le indagini condotte dopo l’omicidio del 7 ottobre 2006 della giornalista Anna Politkovskaja, autrice di numerose inchieste sulla guerra in Cecenia e altre questioni poco gradite al presidente russo, sono da considerare insufficienti. A giugno 2014 sono stati condannati cinque uomini, due all’ergastolo: Rustam Makhmudov, individuato come autore materiale e suo zio Lom-Ali Gaitukayev, ideatore dell’agguato. Altri due componenti della famiglia Makhmudov, Ibragim e Dzhabrail sono stati invece condannati rispettivamente a 14 e 12 anni. Si aggiunge Serghiei Khadzhikurbanov, ex dirigente della polizia di Mosca, condannato a 20 anni. 

C’è il braccio, c’è la mente, manca solo una cosa: i mandanti. Secondo la Corte europea, a cui la famiglia della giornalista si è rivolta sin dal 2007, non è stato compiuto alcuno sforzo per cercare di individuare chi ha deciso di mettere a tacere per sempre Anna Politkovskaja. Non a caso, nella lista dei presunti indiziati è sempre comparso lo stesso presidente Putin.

Oltre al passato, c’è anche il presente a piantare grane nella casa presidenziale: sempre la Corte dei diritti dell’uomo ha condannato la Russia perché le componenti del gruppo Pussy Riot hanno subito “trattamenti inumani” durante un arresto risalente al 2012. Non solo, è stato violato il loro diritto a un processo equo e alla libertà. 

Sul ritmo di una ribellione punk le Pussy Riot hanno procurato non pochi problemi al presidente russo. L’ultimo è stata l’invasione di campo delle stesse durante l’attesa finale dei Mondiali, Francia-Croazia, disputata allo stadio Luzhniki di Mosca. Le tre consuete componenti più un quarto, l’unico uomo Pyotr Verzilov, hanno corso per il campo indossando divise della polizia . Il Tribunale di Mosca, oltre ad aver constatato una “violazione dei diritti degli spettatori” e un “uso illegale delle uniformi della polizia”, ha deciso per una condanna a 15 giorni di carcere e il divieto a partecipare ad eventi sportivi per i prossimi 3 anni. Ciò vuol dire che se neanche le condanne europee  rimetteranno in riga lo zar Vladimir Putin, al prossimo Mondiale le Pussy Riot potranno ancora sorprenderci, magari con effetti speciali durante una partita della Russia. 

di Irene Tinero