Ennesimo dramma nelle forze di polizia: colonnello della Guardia di Finanza morto suicida

Un unico colpo sparato con la pistola d’ordinanza, quasi a simbolo di una sofferenza che non può, e non deve, essere ricercata esclusivamente in ambito privato ; un momento di lucida e consapevole follia, tanto da lasciare ben due lettere di addio, una, doverosa, rivolta ai familiari, e una, da brividi, ai colleghi, con precise istruzioni su come ritrovare gli altri undici proiettili in dotazione. Se ne è andato così il colonnello Massimiliano Giua, comandante provinciale della Guardia di Finanza da poco insediatosi a Terni.

Arruolatosi nel 1989, Massimiliano Giua poteva vantare un curriculum di tutto rispetto; una laurea in Giurisprudenza conseguita presso l’università La Sapienza di Roma, una seconda laurea in Scienze della Sicurezza Economico-Finanziaria sempre a Roma, presso l’università di Tor Vergata, e un master di primo livello in Studi Internazionali Strategico-militari. Giornalista pubblicista iscritto all’albo, aveva svolto numerose attività di insegnamento, anche in ambito universitario, e di pubbliche relazioni, anche come addetto stampa del Corpo a cui, quasi trent’anni fa, aveva giurato fedele appartenenza. Avrebbe dovuto sposarsi a breve, il 13 ottobre, e nulla lasciava presagire l’imminente tragedia. Il suo corpo è stato ritrovato lunedì 1 ottobre da due escursionisti sul Monte Argentario, non lontano dalla Grosseto in cui aveva svolto servizio per quattro anni occupandosi di importanti inchieste.

Tra le ultime, a Terni, l’inchiesta Spada, relativa agli appalti del comune di Terni, e quelle sulla sanità. Ancora ignote le motivazioni del gesto che, a quanto sembra, era stato pianificato nei minimi dettagli. Massimiliano Giuia, prima di togliersi la vita, ha voluto salutare tutte le persone a lui più care; una cena con i suoi ex collaboratori di Grosseto, una telefonata al suo autista, in licenza da qualche giorno, per sincerarsi che fosse tutto a posto, e una alla compagna, che avrebbe sposato di li a pochi giorni. Gesti apparentemente normali che assumono, oggi, un significato completamente diverso. La morte del colonnello è solo l’ultima di una lunghissima serie di eventi che richiedono la massima attenzione sul fenomeno dei suicidi nelle forze armate; più di 300 tra il 2010 e il 2016, troppi per non vedevi una correlazione anche con l’ambiente lavorativo. Secondo la psicologa e criminologa Margherita Carlini, pur ribadendo che le cause siano sempre da ricercare in molteplici fattori, non è da sottovalutare la possibilità di una sindrome post-traumatica da stress; gli agenti delle forze dell’ordine, infatti, sono perennemente esposti a situazioni emotivamente logoranti senza che vi sia un adeguato supporto psicologico, mettendoli così fortemente a rischio di disturbi psicologici.

Occorre, continua sempre la dottoressa, istituire un osservatorio che sia “nazionale e riconosciuto” per studiare il fenomeno e, soprattutto, intervenire con adeguati supporti di prevenzione, prima ancora che il problema si manifesti. La tutela della salute delle forze dell’ordine, di fatto, deve necessariamente passare anche attraverso la tutela della salute psicologica, per evitare che fatti del genere possano accadere di nuovo.

di Lendra Gallinella

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