Fiume e fiumaroli

Fiume de Roma, fiume de noantri, fiume de barcaroli e de fiumaroli. II “flavus Tiber” dei Iatini, il Tevere dei giorni nostri.

Sarebbe esistita Roma senza il fiume? Anzi, sarebbe esistita senza “er Tevere”? Forse si, ma senza raggiungere la gloria che la storia ci racconta. Il biondo Tevere, il fiume. Dal monte Fumaiolo, in Emilia, arriva sulle coste del tirreno, sfociando ad Ostia, l’antico porto di Roma.

Roma e il Tevere. Binomio indissolubile. Roma è il Tevere e il Tevere è Roma. Tutto affonda nel mito della vicenda di Enea, ritenuto il principio della stirpe del popolo latino. L’eroe troiano sulle sponde di questo fiume, pose le basi di una nuova civiltà. Il fiume ha dato a Roma, acqua, cibo e una fondamentale via di comunicazione.

Le barche hanno trasportato per secoli, le mercanzie e le derrate alimentari, dal porto di Ostia alla città Roma. Questo favori ¡o sviluppo dell’urbe, fino a farla diventare nel tempo una potenza, un impero. Il rapporto con i romani è rimasto immutato. Un rapporto d’amore che dura da secoli, anche se negli ultimi decenni l’inquinamento, sta ammorbando le sue acque. Per il romano, per il fiumarolo il Tevere è il fiume in assoluto. Neanche l’articolo davanti deve esserci, per dargli maggior risalto. Tanto che si dice “vado a fiume”, “so stato a fiume”. Per i fiumaroli, il fiume de Roma, ha la effe maiuscola. L’importanza del Tevere si riscontra anche in una rima belliniana di un episodio della vita di Cristo, “ eppoi doppo trent’anni fu pè mano, da San Giovanni battezzato a sguazzo, in quer Tevere granne der Giordano”. Questo la dice lunga sul rapporto che i romani hanno con il fiume.

I fiumaroli, gente di fiume, gente che vive il quotidiano scorrere delle acque. Vive nel cuore di Roma a pelo di fiume, ne sente gli umori, lo rispetta e lo teme. Il fiume da‘, ma il fiume prende anche. Sono tanti i drammi legati alle inondazioni, agli annegamenti, tanto che molti canti popolari spesso se ne fanno riferimento. Chi non ricorda la celebre canzone del barcarolo romano, quella che fa “er barcarolo va controcorrente e quanno canta l’eco s’arjsen- te…”. Canzone di Romolo Balzani, che parlava del fiume, che diventa morte se non lo si teme. Fiume bojaccia, dicono i fiumaroli. Sfidano la corrente, il fiume per loro è come un cavallo da domare, imprevedibile. Una volta domato, diventa un rapporto viscerale, per questo i barcaroli ancora vanno “controcorrente co ‘na ere sola come se dice Roma”. Per i fiumaroli esiste anche una gerarchia fluviale, un detto afferma, che “un Tevere fa tre Arni, tre Teveri fanno un Po, un Po di Lombardia fa un Danubio di Romania”.

I piemontesi, presa Roma, presero pure il Tevere. Anzi lo imbrigliarono. Alti muraglioni bianchi, furono costruiti lungo buona parte del suo percorso cittadino, per contenere le frequenti piene.

Sulle sponde, ormeggiati a ridosso dei muraglioni, quasi a renderli meno brutti, ci sono i barconi. Case galleggianti, un tempo, quando il fiume era balneabile, nei periodi estivi, erano assiduamente frequentati da bagnanti. Oggi li sopra, si può prendere solo la tintarella. Sui barconi i fiumaroli ci abitano, vivono la quotidianità del fiume. Oggi sono diventati per lo più circoli sportivi e dopolavoro di aziende. I circoli più famosi sono quelli della Canottieri Roma e della Canottieri Lazio. Particolare è il fatto che sono ormeggiati quasi tutti sulla sponda sinistra del fiume, forse perché il sole da questo lato li illumina fino al suo calare.

E poi c’era mister OK, non era romano, era belga, si chiamava Rick De Sonay, ogni capodanno alle ore 12 in punto si tuffava nelle acque vorticose e fredde del Tevere da ponte Risorgimento. Lo faceva anche in età avanzata. Ma perché lo faceva? Lui che non era neanche romano? Il suo gesto atletico intendeva festeggiare il nuovo anno, come una sorta di rito propiziatorio, e allora cosa c’è di meglio che tuffarsi nelle sacre acque tiberine. Le acque che videro i Re di Roma, i Cesari, gli Imperatori, i Papi e soprattutto la gente di Roma.

A pelo del fiume i rumori del caos e del traffico cittadino giungono ovattati. Puoi sentire la corrente, puoi sentire l’odore del fiume, puoi ritrovare la serenità interiore. Scorre il Tevere, attraversando Roma, scorre pigro, scorre sotto i ponti, galleggiano i barconi con sopra i fiumaroli, attaccati alle sponde in una sorta di simbiosi tra città e fiume.

di Fabio Scatolini

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