La battaglia esistenziale dei democratici degli Stati Uniti
Le elezioni di medio termine del 6 novembre hanno portato vantaggi significativi ai democratici, che hanno ripreso il controllo della Camera dei rappresentanti e strappato diversi governatori dalla morsa dei repubblicani. Le elezioni di metà mandato hanno confermato che i democratici sono un partito di maggioranza nazionale, avendo ricevuto più voti rispetto ai Repubblicani, ma questo non si è tradotto in più seggi al Senato. Il partito democratico ha ottenuto milioni di voti in più, quindi come hanno fatto i repubblicani a vincere al Senato? Per rispondere alla domanda dobbiamo analizzare in breve il funzionamento del sistema elettorale americano. Secondo il sistema elettorale degli Stati Uniti, le presidenziali sono vinte non da chi prende più voti, ma da chi raggiunge la maggioranza di un gruppo di cosiddetti “grandi elettori”, distribuiti in modo proporzionale tra gli Stati federali in base alla sua popolazione. La maggior parte degli Stati federali degli Stati Uniti, una quarantina, è così saldamente democratica o repubblicana che i candidati in molti casi non fanno neanche campagna elettorale. In molti casi la vittoria dei Democratici o dei Repubblicani è decisa da un numero ristretto di Stati, tra i quali c’è l’Ohio, considerato lo Stato più indicativo delle tendenze nazionali. Mentre alla Camera ogni Stato elegge un numero di rappresentanti proporzionale alla sua popolazione, al Senato ogni Stato ottiene due senatori, indipendentemente dalla popolazione, ad esempio Stati come il Wyoming o il Montana hanno tanti seggi quanti la California, nonostante quest’ultimo abbia una popolazione di gran lunga superiore. Gli Stati più piccoli tendono anche ad essere quelli più rurali, e le aree rurali tradizionalmente favoriscono i repubblicani.
Questo sistema ha spinto alcuni esponenti dei democratici ad esprimere la loro frustrazione per un sistema che avvantaggia gli stati conservatori. I risultati di quest’ultima tornata elettorale di medio termine indica un sistema antidemocratico, in quanto gli Stati con minore densità demografica hanno un impatto sproporzionato nelle elezioni degli Stati Uniti. Questo fa sì che i conservatori abbiano un’influenza sproporzionata sul Senato. Questa modalità è scritta nella Costituzione americana e qualsiasi intenzione di cambiamento richiederebbe un emendamento costituzionale, ma questo è abbastanza improbabile che accada nel prossimo futuro. Ciò che però potrebbe cambiare nel futuro è l’inclinazione democratica che potrebbero avere alcune roccaforti repubblicane, quali il Texas. Inclinazione democratica causata soprattutto dall’immigrazione, che potrebbe favorire il partito democratico e sfavorire i repubblicani. Dal momento che le minoranze (ispanici e afroamericani in primis) sembrano essere più inclini a votare per i democratici, queste tendenze potrebbe aiutare il partito democratico a colmare il gap che invece li vede sfavoriti nell’attuale sistema di assegnazione dei seggi. Il Texas, per esempio, è un paese fortemente repubblicano, ma negli ultimi anni ha subito una crescita esponenziale di gruppi etnici non europei, i quali hanno mostrato, già durante le presidenziali di Obama, una certa inclinazione per il partito democratico. La strada che quindi i democratici devono intraprendere sarà quella di conservare la fiducia di questi elettori, adesso ancora minoritari, ma forse maggioritari nel prossimo futuro. Ovviamente, i repubblicani non staranno a guardare e sono ben consapevoli di questi mutamenti sociali; vedremo se aggiusteranno il tiro attraverso un dialogo più aperto. Il melting pot potrebbe essere quindi l’ago della bilancia nel prossimo futuro, non solo negli Sati Uniti ma anche in Europa. Inoltre, si dovrebbe fare in modo che ogni singolo voto sia contato. In un qualsiasi paese moderno, il meccanismo della democrazia dovrebbe funzionare per tutti.
di Antonio Zinilli