Il popolo curdo deve affrontare una nuova minaccia di invasione

Il via libera all’invasione dei territori curdi siriani che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aspettava è arrivato. Lo ha concesso, nel momento stesso in cui annunciava il ritiro delle truppe Usa dalla regione, il presidente statunitense Donald Trump.
I piani di invasione turchi, che da sempre teme qualsiasi forma di autodeterminazione curda nel Rojava, non sono una novità. Fino ad oggi questo disegno di controllo è stato frenato non dalla presenza sul terreno dell’esercito e dell’aviazione americana quanto dalla loro dipendenza dalle “Unità di protezione del popolo” curde (YPG).
All’azione militare americana per eliminare Daesh, infatti, le truppe di terra sono state fornite per intero dai curdi che hanno sopportato il peso dei combattimenti e pianto la maggior parte delle vittime.
Praticamente, nella lotta contro Daesh, il ruolo principale delle forze statunitensi è stato quello di dissuadere la Turchia dall’attaccare i curdi.
Ora che Daesh è stato distrutto, o almeno indebolito, all’America dei curdi non interessa più nulla.
Certo è che, senza il supporto americano, le possibilità che i curdi siriani possano resistere a un’invasione turca sono assai scarse.
Quale via d’uscita hanno ora i curdi? Perso il sogno dell’indipendenza, le scelte si riducono a una conquista turca o al ritorno sotto il regime di Assad.
Quello che li aspetterebbe sotto una dominazione turca si è già palesato nella città di Afrin. Dall’enclave curda, conquistata delle truppe di Erdogan nella primavera scorsa, sono stati esiliati quasi tutti i curdi.
Certo, anche il potere di Assad è assai poco attraente ma i curdi siriani, che in questi anni hanno accuratamente evitato di combattere l’esercito lealista concentrando le loro azioni contro Daesh, possono sperare di raggiungere un accordo con il regime che conceda loro un’ampia autonomia locale.
Da parte sua Assad non vuole certo che i turchi assumano il controllo della Siria orientale.
Fino ad oggi il dialogo tra delegazioni curde e regime si è fermato a causa della resistenza di Assad ad appoggiare ogni progetto di stato federale in Siria. Oggi che il ritiro degli americani apre ad una invasione turca nella parte orientale del Paese potrebbe, pur di mantenere la regione, ritornare sui suoi passi. Certo è che quella curda è una regione ricca di petrolio, di acqua e di grano e Assad ha bisogno delle sue risorse. Inoltre, con l’esercito impegnato in altre aree calde del paese, l’YPG potrebbe assumere un ruolo nella sicurezza della regione, magari diventando, almeno formalmente, parte dell’esercito siriano.

Esiste anche la concreta possibilità che la Russia, che non vede di buon occhio politiche indipendentiste, potrebbe intervenire sulla Turchia per convincerla che lasciare ad Assad il controllo nel Rojava bloccherebbe di fatto ogni “minaccia” curda alla sicurezza turca.
La partita è complicata ma, comunque vada, uno sconfitto predestinato c’è già: il popolo curdo

di Enrico Ceci.