Angeli di ghiaccio

Il suo angelo custode nasce il 29 luglio 1973 a Nevinnomyssk, cittadina del Caucaso settentrionale, Russia. Lei, Elizabeth Revol, francese, classe 1980, ha l’eccezionale fortuna di incontrarlo lo scorso Gennaio, in una gelida notte a 6.200 mt di altitudine sul Nanga Parbat, la Montagna assassina.

Elizabeth ha appena compiuto un’impresa memorabile e che passerà alla storia come la prima salita invernale sul Nanga Parbat attraverso una nuova via, indicata dagli stessi Meissner ed Eisendel, ma mai portata a termine da nessuno, nemmeno in estate. Non è in solitaria in questa missione pakistana, ma fa coppia in cordata con Tomek Mackiewicz, il cui angelo custode in questo 25 Gennaio 2018 forse ha di meglio da fare.

Tomek Mackiewicz, a distanza di un anno, resta ancora disperso a quota 7200 mt, laddove, riporterà poi Elizabeth, fu colpito da una penetrante “oftalmia da neve” impedendogli di rientrare al campo base. Finisce qui la storia d’amore tra Elizabeth e Tomek.

Un amore viscerale per i territori selvaggi di alta quota. Un amore con gli occhi costantemente rivolti verso il cielo, a scrutare vette che nel cielo stesso si tuffano per scomparire sotto la spessa coltre nebulosa. Un Amore verticale potremmo definirlo a volte. Un amore, che come tutti gli amori è destinato all’eternità solo nella memoria di chi resta. Di chi commemora.

Elizabeth mette al riparo dalla notte e dalle condizioni climatiche in peggioramento il suo amico Tomek sotto un tendalino e comincia la sua discesa in solitaria verso il campo base non prima di lanciare l’SOS. Purtroppo non si prospetta un finale diverso da quello di Tomek nemmeno per lei. Si blocca a quota 6200mt. Ci resta tre notti, rannicchiata in una buca scavata nella neve. La morte è lì, tutt’altro che rarefatta come l’ossigeno che centellinato raggiunge gli organi vitali, i pensieri rallentano, forse anche il tempo. Tre giorni e tre notti in quelle condizioni non si possono nemmeno immaginare. Quanta forza e voglia di restare aggrappati alla vita servono per sopravvivere!

La macchina dei soccorsi si mette nel frattempo in moto ed il caso vuole che un altro insuccesso di lì a qualche vetta si sia contemporaneamente compiuto: una spedizione polacca fallisce l’ascesa del K2 e a 7600mt di altitudine fa retrofront. Tutti a casa. Tutti a casa ma non l’angelo custode. Qui mentre una storia d’amore volge al termine una nuova ne comincia. Parafrasando il primo principio termodinamico potremmo affermare che “l’amore non si crea, né si distrugge, ma si trasforma”. Che poi l’amore avrebbe potuto da sempre occupare quella posizione semantica al posto della sua controparte quantizzabile, l“energia”.

Qui la morte si trasforma in resurrezione. L’amore per le terribili pareti di ghiaccio e per gli orizzonti sconfinati al di sopra di tutto, l’energia per addomesticare questi feroci e silenziosi giganti di età immemore, si trasforma in nuova vita.

Di amore e di energia l’angelo custode deve everne avute in dote dagli Dei dell’Olimpo, perché la sua di impresa è fuori dal normale. Viene prelevato in elicottero dal K2 e lasciato poco sotto i 5000mt sul Nanga Parbat. Elizabeth è rintracciata dopo otto ore di scalata notturna ininterrotta, in perfetto stile minimal alpino grazie alla via di ascesa prescelta, la Kinshofer, attrezzata con corde per spedizioni commerciali, senza ossigeno a una temperatura media di meno quaranta gradi.

A sentirlo parlare, intervistato alla fine delle operazioni di salvataggio, con calma, lucidità e freddezza sapientemente addestrate nell’artica madre Russia, sembra che tutto quanto accaduto per sua opera rientri nella più umile normalità. Mentre qui, signori, siamo al cospetto di un poeta dell’alpinismo contemporaneo, siamo al cospetto dell’amore cristallino per le montagne selvagge di Denis Urubko:

Le persone devono aiutarsi a vicenda, in particolare gli alpinisti – e  soprattutto quando si tratta di una persona straordinaria come Elisabeth Revol, che rispetto molto. È stata un’esperienza unica salvarle la vita in una situazione così delicata, in inverno sul Nanga Parbat. Ovviamente non siamo totalmente soddisfatti perché non abbiamo potuto aiutare Tomek. Ma è stato grandioso poter salvare Elisabeth Revol.

Elizabeth oggi, grazie al suo angelo custode può ancora vivere delle           emozioni di questa vita terrena che spesso ci coglie impreparati ma che            altrettanto spesso ci regala infinite gioie e orizzonti di adrenalinica speranza.

 

di Riccardo Battista

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