Lætitia e Louis seducono il Nuovo Sacher

Rendez-Vous, Nuovo Cinema Francese

dal nostro inviato al festival, Riccardo Tavani

È stata la serata di LætitiaCasta e Luois Garrel. Uniti nella vita reale, nel film presentato ieri al Nuovo Sacher, L’Homme Fidèle, sono Marianne e Abel, in un amore accidentato come i saliscendi vertiginosi di montagne russe, cui saltano – ogni tanto – dei bei pezzi di binario. Il lungo incontro – condotto da Nanni Moretti e da Fabiana Proietti del web magazine “Sentieri Selvaggi” – ha sedotto il numeroso pubblico presente, che ha sottoposto la coppia a numerose domande, cui i due hanno risposto sempre in italiano.

Il pomeriggio di Rendez-Vous è iniziato però con un altro film di quello che in Francia si sta affermando come un vero nuovo genere: quello della commedia sullo sfondo della povertà, della miseria sociale. Ne abbiamo parlato ieri a proposito del film Les Invisibles, di Louis Julien Petit, girato in un centro di accoglienza diurna realmente esistente a Parigi. I Feel Good, di Benoît Delépine e Gustave Kern, è realizzato all’interno della comunità Emmaus, fondata dall’Abate Pierre, a Pau, nel Sud della Francia. Attraverso il lavoro di riparazione, recupero di materiali, mobili, elettrodomestici e altri oggetti che finiscono nelle discariche cittadine, si dà una nuova possibilità alle persone finite anch’esse nelle discariche sociali metropolitane. La comunità apre i suoi cancelli al pubblico, il quale può acquistare con pochi euro tutto ciò che queste hanno riportato a utilità e funzionalità. Nella finzione filmica, il centro è diretto da Monique, interpretata da Yolande Moreau. Si presenta un giorno suo fratello Jacques (Jean Dujardin). Questi è un fallimentare ideatore di genialate imprenditoriali, con l’unico scopo di arricchirsi il più rapidamente possibile e scalare il vertice mondiale dei Paperon dei Paperoni. La sua idea è ora quella della chirurgia estetica low-cost. E così – come a Emmaus si mettono a nuovo rottami materiali – lui vuole restaurare, far risorgere chirurgicamente i rottami sociali che li riparano. Inizia un delirante tourbillon di situazioni che culminano in uno sbarattolante viaggio tra Romania e Bulgaria, verso la clinica dove opera il chirurgo plastico Ursus.

L’altro film del pomeriggio è stato Edmond – Cyrano mon amour, di Alexis Mikalik. È la storia della scrittura e della prima messa in scena di uno degli immortali capolavori teatrali di ogni epoca: Cyrano de Bergerac. In una Parigi del 1987 – ricostruita nelle strade e in teatro di Praga – il giovane scrittore Edmond Rostand – interpretato Thomas Solivérès – si trova in seri guai economici per i clamori fiaschi delle sue piece. Un grande attore-mattatore dell’epoca Costant Coquelin (Olivier Gourmet) – anche lui inseguito da debiti e impegni non onorati – gli commissiona una commedia da scrivere in pochi giorni, per mettere in scena nei giorni incombenti di Natale. La narrazione cinematografica – tra ricostruzione storica vera e autentica invenzione autoriale – assume il ritmo di un can-can inarrestabile, travolgente, con sole poche, efficaci pause di sospensione, appena per riprendere il fiato e gettarsi di nuovo nel precipizio drammaticamente esilarante degli eventi. A un certo punto, nella colonna delle musiche d’epoca, il regista inserisce l’anello sempre più avvolgente di un celebre Bolero, quello di Ravel. Il musicista francese compose in realtà l’opera una trentina di anni dopo i fatti narrati dal film, esattamente nel 1928. Non fa niente, però, perché qui funziona egregiamente. Inoltre – come ha precisato Michalik a una nostra domanda – Ravel in quegli anni era già un studente di musica, e magari il suo Bolero, almeno un presagio, già l’aveva in mente. Sui titoli di coda del film, numerose clip dei più grandi interpreti cinematografici di Cyrano, fino a Gerard Depardieu.

Torniamo a L’Homme fidèle, L’uomo fedele, di Louis Garrel, interpretato insieme a sua moglie Lætitia Casta. È come se tutto il cinema francese, o forse il cinema tout-court, avesse caricato sulle spalle di questo figlio d’arte di riprendere con altri mezzi e in altri tempi Jules et Jim. Ossia dare – in un’epoca improntata al disincanto – un altro ipotetico, successivo percorso alla storia portata sullo schermo da Truffaut nel 1962. Garrel ha scritto il copione del film insieme al quasi novantenne Jean-Claude Carrière, mitico sceneggiatore di Luise Buñel e di molti altri grandi del cinema mondiale. Marianna e Abel si lasciano, si rincontrano, si rilasciano in un racconto che riprende l’idea e riattualizza di suspense propria di Truffaut. Suspense dei sentimenti, dei dubbi, dei risentimenti, degli intrecci d’amore, alimentata anche dall’intelligenza manipolatoria del piccolo Joseph (Joseph Engel), il figlio di Marianna. Figlio di Marianna e di chi? Un film fatto di primi piani che vorrebbero perscrutare i personaggi, ma li rendono ancora più enigmatici e per questo affascinanti. Un racconto intessuto di tre voci narranti che si intrecciano: Marianna, Abel e l’incantevolmente grintosa Ève, interpretata da Lily-Rose Depp. Atmosfera da Nouvel Vague, narrazione morbida, avvolgente, montaggio fluido, pur nella situazione da thriller sentimentale-esistenziale. Indubbiamente uno delle opere più convincenti presentate finora a Rendez-Vous.

 

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