Teresa Meroni e la storia della marcia per la pace del 1917
Teresa Meroni è per molti, per troppi, un nome qualunque dietro il quale si cela la storia di una donna coraggiosa, intraprendente, determinata, forte e carismatica. Una donna diversa da tutte le altre.
Specie se la collochiamo nel suo periodo storico. Nata a Milano nel 1885 e morta a Como nel 1951 è stata un’operaia, sindacalista rivoluzionaria alla guida del movimento operaio con l’intento di ottenere dei miglioramenti in particolar modo nel campo dei diritti dei lavoratori. Parliamo degli ultimi anni che precedettero la Prima guerra mondiale e già questa donna era diventata un riferimento per molti.
Dopo i primi anni di guerra, in Val di Bisenzio, le condizioni di vita erano drammatiche. All’inizio del 1917 non c’era da mangiare, era raddoppiato il costo delle merci trasportate e si vociferava che tutto il raccolto di cereali di quell’anno sarebbe stato requisito. Intanto dal fronte, continuavano ad arrivare telegrammi che annunciavano morti e feriti tanto che vennero reclutati ragazzi giovanissimi e impreparati.
Fu così che il 2 luglio 1917, ben 400 donne iniziarono una coraggiosa forma di protesta, guidata da Teresa Meroni. Le manifestanti rivendicavano non solo la pace ma anche i diritti dei lavoratori; auspicavano una società in cui le donne sarebbero state poste allo stesso livello degli uomini e speravano in un mondo migliore che avrebbe garantito le libertà fondamentali per tutti.
Questa donna valorosa, temeraria, combattiva, grintosa e battagliera percorse tutta la valle, alla testa di un corteo che alla fine contò ben 1.500 donne che reclamavano uguaglianza e parità di diritti. Una marcia che percorse come una “spina dorsale” tutta la Val di Bisenzio.
Arrivate a Prato furono bloccate dalle forze dell’ordine, i cavalleggeri le caricarono, in tante furono arrestate e processate. Una vergogna per quei tempi, che tante donne osassero far sentire la propria voce, che si impegnassero in fabbrica in lavori prettamente maschili e che richiedessero stessi diritti e uguale trattamento economico. Teresa Meroni fu condannata a tre mesi di reclusione come molte altre manifestanti.
Ma lei, questa donna senza paura, non si dette per vinta e il suo impegno per l’ottenimento di maggiori diritti per i lavoratori e per le donne andò avanti negli anni successivi. Fu anche grazie a lei che nel 1919 i lavoratori della Val di Bisenzio ottennero il riconoscimento delle otto ore lavorative.
Quasi difficile pensare oggi a tanta determinazione, energia, voglia di combattere per i diritti inviolabili di tutti i lavoratori, per la dignità del lavoro stesso, per il rispetto delle persone e per l’equità di trattamento tra uomini e donne.
Ed è per questo che raccontare la marcia delle donne della Val di Bisenzio significa rispolverare memorie dimenticate, come dipingere un grande affresco d’epoca di valore inestimabile. Esporre questa pagina di storia significa necessariamente parlare della guerra, della miseria, delle tante fabbriche che confezionavano tessuti anche per il fronte, del coraggio e della disperazione di lavoratrici, mogli, madri decise ad ottenere giustizia.
E necessariamente non si può non fare un parallelo tra le donne di allora e quelle di oggi in un confronto che diventa prezioso per riflettere su valori e ideali, progetti e obiettivi da conseguire, sogni e conquiste da realizzare.
Un confronto fatto in mondi e in modi così lontani da farci guardare al passato con un pizzico di nostalgia e rimpianto, per quel coraggio perso, per quella consapevolezza di poter fronteggiare ogni ostacolo e lottare per ciò in cui si credeva giusto, per quello spirito rivoluzionario che non poteva non cambiare il mondo, per l’assenza di paura o forse solo per l’abilità di mascherarla, per la forza di andare avanti fino alla fine. Non si può che rendere omaggio a questa donna e a tutte le altre che hanno seguito il suo esempio, soprattutto oggi, in un mondo, quello attuale in cui a prevalere è l’arrendevolezza, la rassegnazione, il disinteresse, l’indifferenza e una totale distanza dalla realtà in cui viviamo.
Come se questo mondo non ci appartenesse o peggio, come se sentissimo già di non essere degni di appartenere ad un mondo che non siamo in grado di migliorare. Ecco perché spesso le pagine di storia vanno rilette o studiate per la prima volta, vanno vissute fino ad immedesimarsi nei personaggi che per noi hanno lottato e che per noi sono morti. Che hanno combattuto per lasciarci un futuro migliore. Sfogliateli ogni tanto i libri, ricordatevi chi siamo stati e chi siamo. Poi pensate a cosa diventeremo.
di Stefania Lastoria