Donne oggi schiave del telefonino e ieri traviate dai romanzi
Nel ripercorrere la storia delle donne e della lettura, specie dei romanzi considerati peccaminosi, quasi si stenta a credere a quante cose siano cambiate nel tempo e quanto, le donne, da sempre hanno dovuto subire e combattere per la loro libertà. Vere eroine di tutte le epoche storiche.
Nel XVIII secolo le donne che leggevano, erano considerate pericolose perché influenzabili dai libri. Stesse accuse rivolte oggi ai nativi digitali nel loro mondo virtuale. Un mondo a parte in cui ci si rifugia, ci si isola, ci si informa, si fantastica, si gioca, ci si incontra virtualmente ma anche un mondo che, in base a come viene vissuto, può indurre a fare delle riflessioni altrimenti destinate a rimanere latenti. Mania, sociopatia, distrazione, dissociazione, sovreccitazione, incapacità di distinguere la realtà dalla finzione, fuga nel mondo virtuale: le accuse rivolte oggi ai giovani e alle nuove tecnologie, sono le stesse rivolte ieri alle donne lettrici, laddove i primi sono schiavi del telefonino e le seconde traviate dai romanzi; gli uni smarriti dentro allo schermo di pc, smartphone e videogiochi, le altre perse tra le pagine di carta.
Le più famose reazioni feroci e spietate contro le fanciulle che leggevano, risalgono al 1740, all’indomani della pubblicazione di Pamela di Samuel Richardson, del bestseller rosa dell’epoca dal titolo “Pamela , o la virtù premiata”, opera appunto dello scrittore inglese tra i più importanti e noti del secolo VXIII.
Il romanzo pubblicato la prima volta nel 1740 racconta la storia di una cameriera quindicenne, una certa Pamela Andrews, che dopo la morte di Lady B, sua padrona da sempre, passa naturalmente al servizio di suo figlio, il signor B, un uomo che comincia a farle delle avances indesiderate.
Respinto, il signor B cerca di convincerla e per farlo arriva a tenerla prigioniera per quaranta giorni, arrivando, durante questa prigionia, al punto di stuprare la ragazza.
Curiosamente il libro esce nel formato “in-dodicesimo”, con dimensioni simili ai moderni telefonini. A stigmatizzare queste donne che corrono con la fantasia sono anche gli intellettuali, tanto che qualcuno arriva a proporre, una “tassa del peccato” sui testi oziosi proprio come per alcol e sigarette. È il 1789, e il libraio svizzero Johann Georg Heinzmann si spertica contro la “peste della letteratura”, considerando l’eccessiva lettura un fenomeno estremo, al secondo posto dopo la Rivoluzione francese.
Se il Sei-Settecento è un’epoca di relativa emancipazione femminile, con signore libere e libertine, salottiere e intellettuali, l’Ottocento, viceversa, ricaccia le donne nella prigione dorata della famiglia, confinandole al ruolo di mogli, madri e numi domestici. La restaurazione misogina è iniziata.
Un salto indietro nel passato in cui l’emblema della donna perduta, perché traviata dalle cattive compagnie letterarie, resta Madame Bovary, che “legge cattivi libri… Da notare lo straordinario virtuosismo di Flaubert il quale chiarisce che il disastro di Emma è cominciato con l’inchiostro sulle pagine dei libri, per terminare col sapore di inchiostro che l’arsenico le fa sentire in bocca, completando il cerchio tragico.
Le donne che leggono sono pericolose: recita il titolo del saggio di Stefan Bollmann ed Elke Heidenreich (Rizzoli, 2007). Tra le prime citazioni c’è l’ovvio Fahrenheit 451: “Perché i libri sono odiati e temuti? Perché rivelano i pori sulla faccia della vita. La gente vuole soltanto facce di luna piena, di cera, senza pori, inespressive”.
Ancora nell’Ottocento si usa lasciare nella rilegatura dei romanzi ago e filo per ricordare alle lettrici il loro primo dovere: pulire casa, accudire la prole e il marito. Dopotutto, “gli uomini non vogliono essere toccati nel cervello da una donna, bensì altrove”, dixit quel raffinato di Gottfried Benn.
Negli stessi anni l’illuminista poco illuminato Sylvain Maréchal va dispensando perle di misoginia, tipo “le cuoche che non sanno leggere fanno la zuppa migliore”. Ha pure un piano, il signore: un bellissimo “Progetto di legge per vietare alle donne di imparare a leggere”.
Abbiamo fatto forse un viaggio nella storia della lettura e della condizione femminile, storie e racconti che sfuggono ai più ma che aiutano tutti, almeno oggi, a comprendere l’evoluzione che c’è stata in così tanti anni e come tutt’ora, ovviamente in modo più sottile ed edulcorato, le donne debbano continuare a sgomitare per emergere e far valere il loro intelletto volutamente e spesso sapientemente oscurato.
di Stefania Lastoria