Cine-pillole di mezza estate

Il corpo della sposa. Originale e d’alta qualità. Verida, una ragazza mauritana cui i genitori hanno trovato uno sconosciuto da sposare, è costretta ora a ingrassare forzatamente con dieci pasti al giorno, innaffiati da litri di latte a gogo. Si chiama gavage, è il regime dietetico cui ogni ragazza è costretta a sottoporsi per arrivare al giorno delle nozze con decine di chili in più per corrispondere ai gusti estetici maschili del luogo. La regista Michela Occhipinti viene dal documentario, e qui mette a frutto la sua esperienza nel genere fiction, per la particolare cura nel mantenimento dei caratteri indelebili della verità, della realtà portati sullo schermo. Non solo perché gli attori sono anche i protagonisti della vicenda reale, ma soprattutto per i canoni del grande cinema, fatto d’inquadrature, movimenti della macchina da presa, montaggio che sanno squarciare i tratti geografici, ambientali, antropologici, esistenziali che sono sì locali, ma che assumono un valore universale per tutte le donne che – anche in Occidente – devono ancora contrastare i soprusi patriarcali. In sala.

L’anno che verrà. Interessanti variazioni narrative sul tema che non rinnovano però il genere. Area di Saint-Denis, periferia parigina. Nella scuola per il recupero di studenti difficili arriva una nuova vicepreside. Ce la mette tutta per trovare in ogni ragazza/ragazzo qualità e interessi nascosti che possano motivarli a superare l’esame di maturità. L’ambiente multietnico e sociale esterno è però troppo negativamente condizionante. La stessa prof vive una sua personale vicenda sentimentale con risvolti giudiziari-carcerari. Quello della scuola difficile, se non addirittura impossibile, è ormai diventato in Francia un vero e proprio genere cinematografico. Questo testimonia l’acuta attualità e criticità del tema. Si tende un po’ troppo, però, a ricalcare le stesse situazioni, disagi, contraddizioni. Forse per questo qui si mettono in relazione, in stretto parallelismo anche extrascolastico, il piano degli insegnanti e quello degli studenti, per  svelare aspetti inediti. In sala.

Buio. Più che altro confusione di generi e citazioni. Tre sorelle senza madre e di età tra l’infanzia, l’adolescenza, la giovinezza, sono serrate dal padre in casa. Porte e finestre sbarrate causa una situazione post catastrofe terrena. Solo lui può uscire, per procurare cibo, munito di tuta, occhialoni, casco, misuratore di radiazioni. La madre è presente solo come una ricorrente immagine fantasmatica tra le figlie. Non vuole essere un riferimento alla situazione pandemica ancora in atto, quanto piuttosto una troppo appesantita metafora del patriarcato, come farebbe intendere una dedica nei titoli di coda. In sala.

Il delitto Matterella. Non all’altezza. Sulla scorta degli atti giudiziari viene ricostruito l’assassinio nel a Palermo gennaio 1980 di Piersanti Mattarella, allora Presidente della Regione Sicilia e fratello di Sergio, l’attuale Presidente della Repubblica. Gli atti e i fatti sono sinteticamente dislocati lungo la narrazione del film. Spesso, però, nel rappresentare personaggi reali – tra tutti Presidente del Consiglio del tempo, Giulio Andreotti – si cade inesorabilmente nell’effetto Bagaglino, ossia nelle caricature che ne faceva a teatro e in TV il regista Pingitore con la sua squadra di attori alla Pippo Franco & C. Non dipende neanche tanto da regia e produzione di questo film, quanto del cinema italiano in generale, che non investite mai in autori e risorse economico-produttive serie per rappresentare queste e altre ancora troppo misconosciute tragedie nazionali. D’altronde – come ricorda una didascalia finale – non una via, non una piazza è stata dedicata a Piersanti Mattarella nelle maggiori città e regioni italiane. In sala.

Gli anni amari. Una storia che mancava al nostro cinema. La vicenda esaltante e drammatica di Mario Mieli, uno dei più prolifici e geniali fondatori del movimento di liberazione omossessuale italiano negli anni ‘70. Figlio di un industriale milanese, manifesta sin dagli anni del liceo la sua vera identità sessuale anche esteriormente. Aderisce alle idee rivoluzionarie, marxiste, cosa che il padre può anche accettare, purché rinunci a esporsi sempre più provocatoriamente e scandalosamente nelle manifestazioni gay. Per questo viene anche fatto rinchiudere in una clinica psichiatrica. Laureato in filosofia, si addentra nello studio della psicanalisi, scrivendo testi che divengono la base teorica di un inedito approccio ai temi dei generi sessuali. Anche questo cruciale personaggio misconosciuto meritava uno sforzo produttivo maggiore da parte del nostro cinema. Originale la ricostruzione dell’architettura per interni e degli ambienti di quegli anni. Ottima l’interpretazione di Nicola Di Benedetto nel ruolo di Mario Mieli. In sala.

Gli infedeli. Web successo ma deteriore. Sei sketch – più che episodi – su altrettante situazioni di infedeltà coniugale. Oltre a essere il remake di un film francese, vorrebbe riportarsi alla pruriginosa commedia italiana sulle corna degli anni 60-70, senza riuscire a sfiorarne neanche minimamente la verve scoppiettante. In quei film bersaglio, come da tradizionale lezione boccaccesca, erano certi stolidi vizi dei mariti italiani, qui si strizza l’occhio per fare intendere che l’obiettivo è il loro maschilismo sfrontato. Sembra più una toppa a colori, però, alla grigezza dell’intero. Su Netflix.  

 Milf. Eros commedia estiva francese non troppo abbronzata. Tre amiche d’infanzia, tra i quaranta e i cinquanta, nel sud della Francia in estate. Milf, celebre acronimo yankee, che sta per: Mother I’d like to fuck, traducibile in Madre che mi piacerebbe scopare, ossia signora sessualmente desiderabile da un giovane. Le tre si trovano così – senza quasi accorgerne e senza fare niente di che – nella situazione di agognate Milf per tre garbati giovani lì in vacanza. Anche la commedia non fa poi niente di che, ma i francesi si salvano sempre, perché, in questo genere cinematografico, sono ormai diventati campioni di messa in leggerezza. Non dimentichiamo poi che in Francia abbiamo una delle ex Milf più famose del mondo: Brigitte Macron, la femme du President. E ogni Milf ha diritto al suo ragazzo presidente. Su Netflix.

di Riccardo Tavani

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