La visione olistica delle banche etiche: solidarietà e diritti umani per essere più che “sostenibili”
Quando economia e finanza si distanziano dall’etica l’intera società si impoverisce. Si perde un’idea di umanità, di speranza, ma si perdono anche risorse finanziarie. Questo, che può sembrare argomento retorico o il pensiero di chi sogna di vivere in un mondo ideale, è quanto emerge dal Quarto rapporto sulla finanza etica e sostenibile pubblicato dalla Fondazione Finanza Etica.
Dai dati rilasciati risulta infatti che, negli ultimi dieci anni, le banche etiche sono cresciute di più e hanno raddoppiato la loro redditività annua rispetto al sistema bancario tradizionale.
Il motivo è insito nella differenza strutturale: le banche tradizionali rivolgono le loro attenzioni agli investimenti in titoli e servizi finanziari; mentre gli istituti bancari etici, che hanno fini ispirati da valori civili e da un preciso modello sociale, si dedicano in maniera prevalente all’attività di depositi e prestiti, offrendo un sostegno ai piccoli risparmiatori che si traduce in un finanziamento dell’economia reale.
Questo garantisce alle banche etiche sia una minore “volatilità” sia una maggiore tenuta durante i periodi di crisi, compreso quello legato alla pandemia.
In Spagna, ad esempio, la Fiare Banca Etica ha concesso circa otto milioni di euro a enti che forniscono servizi alle persone vulnerabili e ha creato un Fondo denominato “Inclusion Social” a cui destinare i risparmi dei suoi clienti.
Ed è proprio nell’ ambito dei diritti umani che il rapporto evidenzia un dato allarmante: su un campione di 178 banche,analizzato da un gruppo di ricerca dell’Università di Pisa e finanziato da Etica Sgr, circa un quarto di queste sono coinvolte in almeno un evento di violazione dei diritti umani; 47 banche associate dunque ad abusi perpetrati sia in maniera diretta, attraverso comportamenti discriminatori o lesivi di diritti umani, sia in maniera indiretta, finanziando progetti destinati ad avere un impatto negativo su altri esseri umani. Tra le banche peggiori risultano la BNP Paribas, la Morgan Stanley, la Wells-Fargo e altre.
Se è vero che la finanza etica esclude tutto ciò che è “insostenibile” sia dal punto dei diritti umani sia dal punto di vista ambientale, è anche vero che il “green” basta da sé ad attirare investitori; ed etica e sostenibilità non sempre hanno lo stesso passo.
Dai dati della Morningstar, una piattaforma indipendente che fornisce informazioni sui mercati finanziari, emerge che, nei primi 3 mesi del 2021, sono stati investiti circa due miliardi di dollari al giorno in fondi dichiarati “sostenibili”; la maggiore attenzione all’ambiente da parte dei risparmiatori non è dunque sfuggita alle banche ed è diventata, in molti casi, una grande strategia di marketing.
La Fondazione Banca Etica rivela che molti fondi venduti come rispettosi dei criteri ESG, ossia rientranti nei parametri per la misurazione della sostenibilità degli investimenti, presentano diverse incongruenze. La prima è quella di essere venduti tra altri prodotti non sostenibili, una sorta di “scaffale” in cui si possono acquistare diverse tipologie di fondi, compresi quelle lontani dai principi e valori che invece caratterizzano tutti i prodotti delle banche etiche. La seconda, non meno preoccupante, è che all’interno dei portafogli dei fondi considerati “sostenibili” sono state individuate anche imprese considerate “controverse” perché rientranti nel settore petrolifero o in quello delle armi nucleari; veri e propri tentativi di greenwashing che accendono i riflettori sulla necessità di una più stretta correlazione tra etica e sostenibilità.
Quando si parla di “futuro verde” qualcuno pensa al verde dei soldi, altri al verde della speranza; i più coraggiosi hanno intuito che, per un vero futuro verde, i soldi devono essere funzionali alla speranza e che a trarne profitto sarebbe l’umanità intera.
di Nicoletta Iommi