In Afghanistan centinaia di ragazze si presentano a scuola. E i presidi aprono le porte

Nella parte orientale del Paese, lontana dai centri del potere dei taleban, ben cinque scuole secondarie governative per ragazze hanno ripreso le lezioni. Il preside dice: «Le ragazze sono venute spontaneamente, non le abbiamo respinte».

Centinaia di ragazze, stanche dei divieti imposti dal regime dei Taleban, hanno deciso di tornare in classe. Come tutti sanno i taleban hanno vietato la scuola secondaria femminile ma tale ordine è stato ignorato in alcune zone dell’Afghanistan lontane dalle basi del potere centrale di Kabul e Kandahar.

«Le scuole sono state aperte alcuni giorni fa e le regole su Islam, cultura e costumi vengono rispettate. Il preside degli istituti ha chiesto agli studenti di tornare in classe e le scuole superiori femminili sono aperte», ha detto a Reuters Mawlawi Khaliqyar Ahmadzai, capo della Paktia’s dipartimento cultura e informazione.

Il preside della scuola superiore di Shashgar a Gardez, ha dichiarato alla France Presse che circa 300 ragazze sono tornate a scuola dalla scorsa settimana nonostante non vi sia stato alcun cambiamento nella politica ufficiale né comunicati in merito alla ripresa delle lezioni per le ragazze.

Così, semplicemente, in forma del tutto spontanea, gruppi di studentesse che indossavano foulard e hijab sono state viste dirigersi verso l’istituto scolastico per riprendere le lezioni.

«Dal momento che le giovani sono venute da sole, non le abbiamo respinte» ha sostenuto uno dei presidi delle cinque scuole interessate, aggiungendo che se il Ministero dell’Istruzione ordinasse loro di chiudere, lo farebbe immediatamente.

La riapertura è avvenuta contestualmente all’arrivo delle studentesse, senza che siano state fornite spiegazioni ed è altamente probabile che altre scuole della provincia seguano lo stesso esempio.

C’è da dire che proprio a marzo, i talebani avevano fatto marcia indietro sull’annuncio dell’apertura delle scuole superiori per ragazze che sarebbe dovuta avvenire ad aprile, affermando che sarebbero rimaste chiuse fino a quando non fosse stato elaborato un piano per la loro riapertura in conformità con la legge islamica. Una mossa fortemente condannata dalla comunità internazionale, cosa che ha complicato gli sforzi diplomatici.

Alcuni governi occidentali hanno affermato che non riconosceranno l’amministrazione talebana e non ripristineranno gli aiuti a meno che non cambino rotta sui diritti delle donne.

Da quando i talebani hanno preso il potere nell’agosto dello scorso anno, sappiamo tutti che l’Afghanistan ha fatto un balzo indietro di venti anni, sono state imposte dure restrizioni alle ragazze e alle donne per conformarsi alla loro austera visione dell’Islam, escludendole di fatto dalla vita pubblica, impedendo loro di istruirsi andando a scuola, limitando persino le uscite se non accompagnate da un uomo della famiglia, sia esso un padre o un fratello.

E’ il diritto di vivere che manca, così le donne scomparse dietro i drappi neri e tra le pieghe del burqua, lottano per riprenderselo.

Resistono cercando di non esistere.

di Stefania Lastoria

                                                                                 

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