Guerra e pace

Ogni guerra provoca la morte di migliaia di innocenti – anzi di molti milioni, se si pensa ai due conflitti mondiali del novecento – lasciando segni indelebili sul corpo e nell’anima di chissà quanti altri. Anche quando, con un certo qual sarcastico pudore, la si chiama “operazione militare speciale”: ma cos’è mai, se non questo, la guerra?

Ma non bastano morte e distruzione: le guerre, anche se convenzionali e circoscritte a livello regionale, minacciano sempre l’intera umanità, perché globali sono gli effetti sul pianeta, che tendono a durare ben al di là di un auspicato cessate il fuoco. Mi riferisco ai gravi fenomeni di inquinamento e produzione di gas serra.

Già in tempo di pace gli apparati militari di per sé stessi sono fortemente inquinanti. Per esempio, le forze armate americane sono il più grande consumatore istituzionale di petrolio al mondo. Se fossero un Paese, si collocherebbero tra Perù e Portogallo nella classifica globale del consumo di carburanti fossili. E, guarda caso, le emissioni prodotte degli apparati militari sono state escluse dal computo della produzione di gas serra nei trattati internazionali per il controllo del riscaldamento globale. Messi insieme, quale sarà l’effetto ambientale di tutte le forze armate di tutti i Paesi del mondo? A parte la sua entità, è significativo che sia una cifra in qualche modo occulta, che di fatto vanifica ogni calcolo di riduzione delle emissioni: dobbiamo concludere, in altre parole, che i conti sono falsati in partenza.

Nei dettagli, la situazione è ancor più impressionante.

Per esempio, un carro armato “leggero” consuma 300 litri di combustibile ogni 100 chilometri, gli aerei da guerra consumano da 10.000 a 16.000 litri/ora di carburante, un elicottero Apache circa 500 litri/ora. 

Dovremmo dire che è una fortuna che portaerei e sommergibili abbiano motori nucleari! Ma il resto della flotta consuma nafta ad alto tenore di zolfo, una vera e propria fabbrica di inquinamento e gas serra.

Non ho trovato informazioni sul particolato, ma certamente c’è da preoccuparsi, dal momento che nessun mezzo da combattimento è dotato di marmitta catalitica. Il particolato non ha effetti diretti sul riscaldamento globale, ma sulla salute sì: basti pensare che nel mondo provoca oltre 8 milioni di morti l’anno. Quanti in più in caso di guerra? E quanti dovuti alle attività militari anche in tempo di pace?

Nessuno ha ancora calcolato il danno ambientale dei bombardamenti. Quanto gas serra, quanti prodotti tossici, quale inquinamento del suolo ad ogni esplosione?

C’è poi la distruzione degli ambienti naturali: nella regione del Donbass, al centro di una catastrofe ambientale iniziata – con la guerra – nel 2014, sono già stati distrutti oltre 500 mila ettari di ecosistemi e 150 mila ettari di boschi. Conteremo dopo quale sarà il totale in tutto il territorio ucraino.

Ogni giorno contiamo morti e feriti che la guerra ha fatto, ma ignoriamo quanti ve ne saranno in più negli anni a venire, e quale sarà il danno al pianeta, cioè al futuro di tutta l’umanità.

Sembra poi che la guerra in Ucraina voglia distinguersi particolarmente per il danno ambientale. Come se non bastassero gli armamenti, la Russia da mesi brucia quotidianamente circa 4,34 milioni di metri cubi di gas naturale in un impianto nei pressi del confine finlandese, al solo scopo di non darlo ai paesi europei.  Nel Mar Baltico la rottura dei gasdotti sommersi ha provocato la fuoruscita di 778 milioni di metri cubi standard di gas, il cui effetto serra equivale a quello di 14,6 milioni di tonnellate di CO2. La stima è dell’Agenzia danese per l’energia, ed equivale a quasi 20 volte la CO2 prodotta in un anno dalla Danimarca.

È questa la novità con cui dobbiamo fare i conti oggi: anche senza l’uso di ordigni nucleari o armi chimiche, la guerra – qualunque guerra, ma questa più di tutte – produce un danno ambientale e aggrava sensibilmente la crisi climatica. Sempre perché, nonostante i confini politici, l’atmosfera è un’entità indivisibile e, come i mari, le falde acquifere e tutti gli ecosistemi, non ha alcun confine.

Nessuno è così ingenuo da credere in un mondo senza armi né guerre: è un’utopia che forse si realizzerà, ma non certo domani. D’altronde, finché la resa incondizionata è la sola alternativa alla guerra, una pace fatta di ingiustizia e schiavitù non sarebbe forse desiderabile. Come non è giusto arrendersi alla mafia, così non si può chiedere a nessuno di arrendersi all’invasore. Ma l’utopia non si realizzerà mai se non si diffonde la coscienza di che cos’è davvero la guerra, la consapevolezza che qualunque guerra è sempre contro l’umanità intera. Allora forse, parafrasando Fourier, la realtà di domani potrebbe esser fatta dell’utopia di ieri e di oggi.

Cesare Pirozzi  

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