La catastrofe della verità

Si dice da tempo che la crisi economica permanente sia ormai l’unico sistema possibile per continuare a garantire profitti al capitale. Tale modalità, però, per le popolazioni su cui vengono scaricate le ricorrenti crisi si presenta come una vera e propria catastrofe esistenziale. Ossia, la catastrofe si presenta quale non più sostituibile forma di governo del mondo. Tutto, infatti, sembra scendere giù a catastrofe. Pandemie, guerre, migrazioni, emergenze energetiche e ambientali. Tanto che questi pur distinti termini possono ormai intendersi quali uno l’aspetto dell’altro. Con quanta vis la pandemia è stata paragonata alla guerra? E questa – dall’Ucraina al Sudan – non si presenta come catastrofico, purulente virus bellico, contro il quale non ci sono lock down o vaccini possibili? Non ingigantisce le valanghe migratorie, non scassa ancora di più la natura, ingoiando ammassi di preziose risorse economiche per risanarla?

Ormai dovrebbe essere chiaro anche il meccanismo istituzionale-mediatico che in automatico scatta nelle catastrofi. Si sta replicando, infatti, anche nell’immane tragedia dell’alluvione romagnola. Massa di esperti che escono fuori come funghi e lumache dopo la pioggia; magmatico contro ammasso di radical-negazionisti, dal colto all’inclita; maratone tv per smerciare vagonate di pubblicità, incassandone una miracolosa manna di relativi introiti; lancio di raccolta fondi strappati unicamente alla medesima fonte prima mediaticamente bombardata: i disastrati di altre pando-guerre-catastrofi in atto, quali siamo un po’ tutti noi che ci troviamo sotto i piedi sempre meno mondo e respiro.  

Cessato poi il picco più alto della febbre emergenziale, tutto torna nel silenzio, nella rimozione, nella negazione ostinata delle cause che hanno causato quegli effetti catastrofici. Intanto, sotto quei nostri stessi piedi si stanno inesorabilmente incubando i prossimi disastri a venire.

Il radical-negazionismo, l’opposizione immediata alla realtà d’ogni manifestazione delle cause all’origine dei disastri, è ormai connaturato nella società mondiale come un semplice atto respiratorio, fatto d’inspirazione ed espirazione. Impalpabile riflesso respiratorio che è, però, oggi struttura portante di una diffusa forma mentis. Non potrebbe essere diversamente. È lo stesso pensiero filosofico odierno e poi la scienza che hanno abolito il concetto stesso di Verità. Non di qualsiasi verità, ma di quella con la vu maiuscola, incontrovertibile. Di umane verità con la vu minuscola, ossia provvisorie, invece, se ne ha disperatamente bisogno, proprio perché ci si è sbarazzati dell’altra.

Scrive Nietzsche nel 1885 in Così parlò Zarathustra: “Se vi fossero degli dèi, come potrei sopportare di non essere dio! Dunque, non vi sono dèi… Via da Dio e dagli dèi mi ha allettato questa volontà; che cosa mai resterebbe da creare, se gli dèi esistessero?”. Dio, dèi sta soprattutto per Valori, Verità, con la vu maiuscola. La scienza moderna è giunta a porre questo assunto nietzschiano al fondamento della sua stessa potenza teorica e pratica. Le leggi scientifiche l’uomo le crea, l’uomo le distrugge, passo dopo passo, liberandosi via via di quelle appena formulate per approdare ad altre più avanzate; anche queste, però, similmente instabili, divorate dalla stessa alta febbre creativa che le origina. Anche perché la legge teorica si fa subito applicazione tecnologica pratica, e conseguentemente prodotto dell’intrecciato mercato bellico-economico.  

La distruzione della verità, però, è già insita nello stesso fondamento del logos, della razionalità, ossia della filosofia occidentale fin dalla sua aurorale origine greco-antica. L’essere, ossia l’archè, l’elemento primo della realtà, non è concepito come intangibile dal nulla, ossia dalla sua massima opposizione logica. Anzi, proprio perché inseparabile dal nulla, l’essere è soggetto a manipolazione, trasformazione da una cosa data a un’altra ricavata, creata ex nihilo, dal nulla . E con andamento analogo ma opposto poi distrutto nel nulla. E lo strumento oggettivamente più potente di creazione/distruzione non può che essere la Tecnica, intesa come gigantesco Apparato teorico-scientifico e pratico-applicativo.

Il massimo fulgore dell’Apparato Tecnico, dunque, segna anche la definitiva catastrofe della verità. La quale, però, si rovescia come destino distruttivo dell’Apparato stesso. Il pianeta Terra, infatti, è oggi la condizione più avanzata per l’espansione indefinita della massima potenza tecnica. Proprio tale base materiale, però, è messa a repentaglio dall’estrazione sempre più pervasiva e violenta che l’uomo ne sta facendo. E strumento di tale massiva violenza risiede proprio nell’accresciuta capacità di tutti mezzi tecnici nel loro insieme.

Siamo dunque sulla soglia del più cruciale faccia a faccia della storia del mondo. Quello dell’uomo con sé stesso, proprio per il suo essere anche coscienza del mondo. Riuscirà a salvare Terra e verità dalla catastrofe, o sarà inevitabile quella della civiltà in questa fase del suo massimo sviluppo, non a caso chiamata Antropocene?

Riccardo Tavani