Cambiare la narrazione

La commissione antimafia del Parlamento italiano è nata più di sessant’anni fa, con una legge voluta da Ferruccio Parri, uno dei padri della Repubblica, il partigiano Maurizio che fu a capo del primo governo repubblicano. Da allora, ad ogni legislatura si insedia una nuova Commissione, ma mai era successo che i familiari delle vittime della mafia e del terrorismo scrivessero una lettera aperta per scongiurare la nomina di un suo presidente per “il gigantesco conflitto di interessi” derivante dalla frequentazione con un terrorista, peraltro mai pentito, proveniente da un movimento eversivo colluso con la mafia.

Un bel primato da mettere nel curriculum di questo governo.

È inutile ricordare le smentite di rito e i soliti cavillosi distinguo. Sta di fatto che nessuno, a partire dalla neo presidentessa della commissione, ha querelato gli autori delle inchieste giornalistiche che hanno sollevato il problema; sta di fatto che la Colosimo ha cancellato alcuni contenuti dai social e ha messo in manutenzione il suo sito. Ha poi cercato di sminuire l’importanza dei suoi rapporti con Ciavardini, declassando la loro conoscenza a meri incontri istituzionali.

Ma è davvero così importante, questo Ciavardini, o è un semplice ex detenuto che si è riabilitato? E perché si è voluto insistere su una nomina così evidentemente inopportuna?

Ciavardini è stato condannato in via definitiva per diversi omicidi – tra cui quello del giudice Amato – e rapine, nonché come autore materiale della strage di Bologna. La sua “carriera” inizia a 16 anni con la militanza nel Movimento Sociale. Ancor prima di entrare in contatto con i NAR, partecipa a diverse rapine per procurarsi armi e denaro: più che militanza politica, dovremmo chiamarla militanza criminale, che si sviluppa all’ombra del partito di Almirante e Rauti. Poi, ancora minorenne, aderisce ai NAR dopo aver conosciuto Giusva Fioravanti e Francesca Mambro. Mentre ammette la sua responsabilità per diversi reati per i quali è stato condannato, ha sempre negato la sua partecipazione alla strage di Bologna. Ma ciò che stupisce è che, con tutte le condanne che ha avuto per reati gravissimi, sia fuori dal carcere fin dal 2009. L’Italia è uno strano Paese, sempre in bilico tra il garantismo e l’ergastolo ostativo.

In carcere ha creato l’associazione Gruppo Idee, con la quale organizza corsi ed eventi a favore dei detenuti. Non poche ombre si proiettano sull’operato dell’associazione. Alcuni episodi (vedere, in particolare, le inchieste pubblicate su Romatoday fin dal giugno 2022) portano a pensare che, tra le altre cose sospette, aiutasse qualche mafioso sottoposto al 41 bis, assolutamente non pentito, a migliorare la propria posizione detentiva. E, comunque, che avesse sviluppato un suo potere parallelo, diciamo extralegale, a Rebibbia. Altre iniziative sono una palese sconfessione del preteso carattere umanitario ed apolitico della sua attività.

Per esempio il concerto organizzato a Roma (poi sospeso dalla questura) con i Gesta bellica, un gruppo di non nascoste simpatie nazifasciste. Per capire di che si tratta, bisogna leggere alcuni versi delle loro canzoni.

“Lui non si piega e non lo farà mai/La fedeltà è più forte del fuoco/E quel fuoco brucia dentro di noi!” Il “lui” della canzone è Priebke, presentato come fulgido esempio di coerenza e nobiltà d’animo; il “noi” si riferisce, con ogni evidenza, ai fascisti.

“Tu, rosso compagno, di neri e immigrati compare degno/ Rossa bandiera con falce e martello, pugno chiuso e in bocca uno spinello/ Il tuo sogno è già fallito, ma tu non l’hai ancora capito/ Che anche per te, vigliacco senza onore, è giunta l’ora della nostra rabbia!” Che cosa voglia dire “la nostra rabbia” per un seguace di Priebke, potete immaginarlo.

“Nel buio della notte battono cuori neri/ Si muovono furtivi come i miei pensieri/ Poi scattano le ombre nell’oscurità/ Uno contro cento, ma che importanza ha?” Ogni riferimento ad azioni eversive, ovviamente “nere”, è del tutto casuale.

“Si alzano le mani, parte un coro solo/ «Viva la vittoria!» è un urlo contro il cielo! /Nessun rimorso, nessun rimpianto! / Per chi c’è stato, per chi ha lottato!” Ed anche qui la retorica di classico stile fascista sembra significativa: nessun rimorso per gli atti eversivi.

“Splende il sole di Spagna sulle nostre bandiere/Brilla sulle uniformi e sulle nostre camicie nere/Guerra civile, lotta senza quartiere/Conflitto di ideali, scontro senza frontiere!” Questo, per completare il quadro, ribadisce quali siano i riferimenti ideali e politici del sodalizio Gesta bellica/Gruppo Idee.

Come si vede, queste canzoni inneggiano al fascismo più puro e duro, non c’è possibilità di equivoco. E chiariscono la collocazione dell’associazione e del suo fondatore: altro che “apartitica”, come dichiarano. È evidente che Ciavardini non si mai è allontanato da quelle idee e da quel clima culturale in cui è nata la sua militanza criminale, e che non c’è stato un effettivo percorso di riabilitazione da parte sua. Senza “fede fascista” non ci sarebbero stati gli omicidi, le rapine, gli attentati; e questa “fede”, si direbbe, ancora lo nutre.

Faccio una certa fatica a credere che le sue idee non siano condivise dall’onorevole Colosimo, che lo presenta come un detenuto che si è riabilitato e lavora alla riabilitazione di altri detenuti, ma non dice che, all’ombra di questo lavoro, fa propaganda nazifascista e dà una mano ai mafiosi condannati al 41 bis.

C’è poi uno strano parallelismo tra l’associazione di Ciavardini e la cooperativa di Buzzi, quello di mafia capitale: entrambe nate col nobile principio della riabilitazione dei detenuti, entrambe usate per scopi diversi. Evidentemente non è difficile utilizzare le normative e i soldi finalizzati ai percorsi riabilitativi per perseguire finalità non dichiarate e molto meno nobili.

Comunque, mi pare poco credibile l’ingenuità della Colosimo, che di tutto questo, a quanto pare, non si sarebbe resa conto. Ma forse mi sbaglio e l’ingenuità è genuina. Ma allora perché dare la presidenza della Commissione a una persona così ingenua? Forse per fare un bel regalo alla mafia?

Infine, perché la maggioranza ha deciso di “intignare” sulla nomina?

Ci deve essere un motivo piuttosto importante per esporsi a tante critiche più che motivate e legittime, nate non dai partiti di opposizione, ma da associazioni civili – quelle sì, apartitiche – che nessuno finora aveva criticato, tranne lo stesso Ciavardini. Infatti per lui i familiari delle vittime della strage di Bologna “usano i processi come un bancomat”. Basta questo a misurarne il cinismo?

La prima, più spontanea e immediata risposta è che non si curano dell’opinione pubblica. Forse ritengono che questa pesi poco nel gioco della politica e del potere; o forse ritengono che mostrarsi fermi nelle proprie decisioni, ancorché sbagliate, paghi in termini di consenso, tanto poi le proteste passano, ma il consenso resta.

D’altronde, con il controllo dei due più importanti gruppi televisivi (RAI e Mediaset) e con il sostegno di diverse testate giornalistiche, devono sentirsi abbastanza al riparo dalle istanze dell’opinione pubblica.

Ma a me resta il dubbio che la vera ragione sia una certa vicinanza tra FdI e l’associazione di Ciavardini, e che l’attività di Gruppo Idee sia importante per il partito di maggioranza relativa. Forse non sono pochi a pensare che “quel fuoco brucia dentro di noi” e che ancora “splende il sole di Spagna sulle nostre bandiere”. Forse davvero non c’è “nessun rimorso, nessun rimpianto! Per chi c’è stato, per chi ha lottato!”, con riferimento abbastanza chiaro a Ciavardini e agli altri terroristi neri.

D’altronde bisogna pur smetterla con questa cultura di sinistra che attribuisce le stragi al terrorismo nero e che ipotizza una nebulosa collusione tra questo, la mafia e alcuni pezzi degli apparati statali e del mondo politico.

Come si vede, le nomine della maggioranza, in RAI come nella Commissione antimafia, sono tutte volte a poter cambiare la narrazione della nostra storia. Il generale Graziani (vedi “Equivoci e certezze del governo di destra” su Stampacritica del 31 ottobre 2022), Priebke e le camicie nere sono i nostri nuovi eroi, non una vergogna per l’umanità.

Ed è ora, a quanto pare, di cambiare anche la narrazione sulla mafia.

Cesare Pirozzi 

 

Print Friendly, PDF & Email