Socialismo o barbarie

Strage di migranti. Naufragi, respingimenti, centri di detenzione, campi profughi, barconi che affondano, barconi alla deriva, eppoi, morti, morti, tanti morti in mare, ogni giorno, tutti i giorni. Rabbia e dolore non sono sufficienti di fronte alle stragi annunciate, prevedibili e previste. Una strage dopo l’altra, senza fine. Le notizie vengono spariscono, i media parlano d’altro, i naufragi e gli sbarchi vengono silenziati. Ma vengono. Tutti i giorni. Si attuano le politiche dei respingimenti, del controllo delle frontiere affidato a paesi dove la democrazia è uguale a zero.

La politica dell’Europa di non accogliere, di non condividere, si attua con la politica della negazione dei porti di attracco, spingendo le navi delle ONG in porti sempre più lontani. L’Europa si chiude, l’Italia si chiude. I migranti muoiono, affondano, vengono respinti e “incatenati”in paesi come la Libia, dove le violenze sono drammatiche.

Profitto e avidità sono i riferimenti degli Stati occidentali. Milioni di persone condannate alla povertà per scelte economiche che arricchiscono alcuni.

“La globalizzazione non è stata e non è l’internazionalizzazione degli esseri umani e delle lotte contro le disuguaglianze; la globalizzazione reale non è altro che il neocolonialismo che il mondo occidentale ha avviato a partire dalla Guerra Fredda e che ancora tenta di imporre a quanta più parte possibile del resto del mondo, rincorrendo in un modo o nell’altro ancora una volta alla guerra per modificare gli equilibri geopolitici a proprio favore” scrive sul manifesto Enrico Calamai. I migranti, che da quelle guerre e dalla loro miseria da noi provocata arrivano, ne sono l’altra faccia, coloro cui non è più neanche dato attestarsi sulla soglia della povertà a casa loro, perché saccheggiamo le loro risorse naturali, sfruttiamo la loro mano d’opera, devastiamo il loro ambiente, finanziamo guerre, dittature o governi corrotti che ci fanno comodo.

I migranti, scrive ancora Calamai, sono l’altra faccia di un mondo orwelliano, in cui si fa la guerra per la Pace, in cui le vittime sono i colpevoli, in cui il nostro benessere posa sulla legge della giungla tutto intorno a noi. Dobbiamo dirlo con chiarezza e con forza: nulla è più contrario oggi ai diritti umani del neoliberismo, non a caso prodotto, come in un laboratorio politico, a partire dal secolo scorso con i colpi di Stato in Cile e in Argentina. Perché un sistema politico che fa del profitto individuale il suo unico Dio e della riduzione della spesa pubblica (tranne che per le armi) il suo Vangelo, non può accogliere le nude vite di chi viene da noi depredato. Sono dei vuoti a perdere se naufragano, oppure se arrivano, sono sovversivi che chiedono diritti, diritto di essere salvati, di essere assistiti, diritto all’inclusione in un mondo che dei diritti si riempie la bocca, salvo calpestarli appena può.

Gli Stati ricchi, occidentali, hanno concordato una politica di respingimento più o meno camuffata, che produce morti, naufragi e stragi in mare, oppure campi dì concentramento in paesi come la Libia, il tutto facendo pagare un prezzo di vite umane altissimo. Questo nuovo modo di uccidere si chiama “migranticidio” molto vicino al genocidio. Dipende da noi opporvisi, in nome del sempre attualissimo, ma dimenticato monito, “socialismo o barbarie”, ma anche in nome dell’etica socratica che accompagna le democrazie dal loro nascere.

Claudio Caldarelli

 

 

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