Francia, le colonie nella pancia

di Riccardo Tavani

Un celebre romanzo degli anni ’60 sul colonialismo francese in Indocina è Il sole nel ventre, di Jean Hougron. Un medico assassino francese incontra in Vietnam la ragazza che gli entra nelle viscere, nel cervello per essere la sua stella di luce, calore, doppiezza, spietatezza. Ora potremmo dire che ogni sua ex colonia nel mondo è entrata direttamente essa nel ventre della Francia e lo sconvolge. L’uccisione per mano della polizia di Nahel, un diciassettenne che a bordo di un’auto non si sarebbe fermato all’alt, è come avesse all’improvviso riacceso una delle tante cruente pagine di quelle guerre di conquista coloniale. Non più, però, nei lontani territori d’oltremare, africani o asiatici, ma dentro la pancia della Francia, nelle banlieue, nelle periferie, che sono attorno alla sua capitale, la circondano, la assediano. Esterno periferico, contrapposto a interno centrale, è la metafora stessa della storia non solo del colonialismo francese, ma di tutto quello occidentale.

E neanche soltanto del colonialismo, ma della sua stessa democrazia. Dalle forme dell’epoca attuale, fino a quella, tornando a ritroso, della sua prima fondazione antica. Quella greca, ateniese, tra il V e IV e secolo avanti Cristo. Dei 250.000-300.000 abitanti che popolavano Atene, il governo del demos, del popolo, ossia la democrazia, era riservata soltanto a 25.000-30.000 cittadini, adulti e maschi. Solo questi sono la polis, la città Stato. Più o meno il 10% di tutto il popolo. Donne, schiavi, stranieri non solo ne sono esclusi, ma devono subirla la democrazia, perché a esercitarla sono altri, estranei, esterni, al di fuori della loro condizione. Quel nucleo primordiale, tanto fisico quanto concettuale di interno/esterno, dentro/fuori, ha continuato a trascinarsi, ad attraversare i secoli e il pensiero, le migrazioni e gli stanziamenti, la filosofia politica e l’agire bellico. Le lotte per i diritti democratici e sociali che sono il tratto storico più peculiare dell’Occidente recano nel propri cromosomi, nel proprio Dna tale incancellabile segno interiore di confine.

Il welfare state, lo stato del benessere, è il risultato socialmente più alto di tutto il lungo e anche cruento processo di conflitti e idee della civiltà occidentale. Occidente che ha colonizzato, razziato fisicamente e culturalmente l’Oriente, il Sud, l’intero pianeta. Nelle terre di conquista non solo non si applicava, si negavano alle popolazione sottomesse democrazia e welfare state, ma la rapina nei loro confronti, ossia di quelle risorse esterne, serviva ad alimentare la ricchezza interna, ad acquisire consenso tramite benessere sociale negli Stati a regime democratico-capitalista. L’Impero, ossia il sistema geo-strategico esterno di sfruttamento del Terzo e Quarto Mondo per arricchire internamente la Capitale politica e il capitale economico.

L’Impero, come vastità geografica del fuori, però, ora si è riversato nel concentrato del qui dentro. E come non applicava , negava democrazia e welfare, così continua a farlo qui. Quella delle terze, quarte generazioni discendenti delle migrazioni da quelle colonie o ex colonie, combattono una lotta di resistenza per l’affermazione il riconoscimento dei diritti politici e sociali democratici che loro spettano in quanto cittadini francesi, europei a pieno titolo. Solo tale riconoscimento può garantire una autentica integrazione nel tessuto nazionale e continentale. Senza di essa, invece, è inevitabile l’avvitamento senza fine nei radicalismi etnici e religiosi. E dietro questi ultimi non possono che muoversi, foraggiandoli e soffiando sul fuoco, certe grandi entità statali nate proprio dalla disgregazione del vecchio impero. Così che quello scontro interno può sempre più nettamente configurare come il proseguimento della vecchia guerra coloniale esterna con nuovi altri mezzi. Non il sole, ma il suo collasso nel ventre. Non solo nella pancia della Francia, però, ma di tutto l’Occidente, perché democrazia e welfare, ormai, stanno tramontando universalmente per tutti, autoctoni o allogeni, originari o acquisiti che siano.

E mai tramonto fu più struggente e allo stesso tempo zenit, apice di sole ad illuminare un altro micidiale confine dentro/fuori. Quello tra l’interno umano e l’esterno naturale. Anche quest’ultimo – proprio come il caro, vecchio esterno coloniale – da sfruttare, estrarre, razziare, nelle stesse se non ancora più spietate modalità imperialistiche. Una guerra forse finale, perché distruggendo la Terra, come proprio esterno, l’umano non può che finire di distruggere sé stesso, in quanto anche lui inesorabilmente – interno naturale.

 

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