Diario americano 3. Tra bar e bandiere. E diritti LGBT+ negli USA

Finisco al Midlands Beer Garden, a Washington DC, quasi per caso, alla ricerca di un po’ di ombra e di una sedia al fresco nel caldo estivo della capitale. Televisori in ogni angolo, sui loro schermi almeno tre sport diversi: baseball, basket, calcio. All’ingresso mi chiedono il documento, perché nei bar e nei pub possono entrare solo i maggiori di 21 anni. Vado al bancone, ordino una birra, rigorosamente IPA, e intanto il barista posiziona davanti a me un sottobicchiere particolare. Va detto: ho una fissa per i sottobicchieri. Ne vado a caccia, li rubo dai tavolini, li chiedo agli amici, li colleziono di ogni tipo, rotondi, squadrati, grandi, piccoli, semplici, pubblicitari, artistici.

Questo delle Midlands mi colpisce subito. I colori sono quelli della bandiera arcobaleno, il simbolo della comunità LGBTQ+, e si intrecciano volti, fiori, cuori, birre. Il barista capisce la mia curiosità e, girando il sottobicchiere tra le mani, indica il qr code posto sul retro. “E’ una campagna di sensibilizzazione promossa dal birrificio Samuel Adams – mi spiega – il disegno è di un’artista autodidatta originaria del Kentucky, Chloe Lee. Mi piacciono un sacco i suoi lavori fantasy e psichedelici”. La campagna si chiama “Love conquers Ale” e, oltre alla creazione di una birra dedicata, prevede la donazione di 100 mila dollari a Safe Bars, un’associazione che ha come obiettivo quello di aiutare bar, ristoranti, birrerie e altri spazi in cui si servono alcolici a creare un clima e una cultura di sicurezza, di accoglienza per i clienti e anche per il personale.

Sono due i programmi attivi: il primo riguarda la capacità di riconoscere un’aggressione sessuale, sia fisica che verbale, e le tecniche di difesa, il secondo riguarda invece la sicurezza sul posto di lavoro in caso di attacchi omofobi. “La formazione Safe Bars ci ha aiutato a mostrare come il nostro lavoro influenzi la nostra comunità e in generale l’area di Washington – si legge sul sito – dobbiamo ragionare su come possiamo lavorare, insieme per rendere le nostre comunità sicure e accoglienti per persone di ogni provenienza e identità”.

È un’attenzione nuova, che mi colpisce. Mi sembra di percepire un clima di accoglienza, di impegno, di riconoscimento. Ma mi sbaglio. “E’ così nelle grandi città – mi spiega ancora il barista – ma nei piccoli centri e negli stati più conservatori non è facile, anzi”. Su Osservatorio Diritti leggo infatti che la Human Rights Campaign, organizzazione americana che dal 1980 si batte per garantire i diritti delle persone Lgbt+, ha evidenziato un aumento drammatico di leggi discriminatorie approvate: 76, il doppio rispetto al 2022. Si passa dalla cancellazione dai programmi didattici di ogni tematica che riguardi le persone Lgbtq+, al divieto di organizzare percorsi di affermazione di genere per minori transgender, passando per lo stop ai bagni inclusivi in scuole, dormitori pubblici, strutture sanitarie e prigioni, e l’autorizzazione per il personale sanitario a rifiutare le cure per motivi religiosi, morali o etici. “Gli americani Lgbtq+ vivono in uno stato di emergenza – spiega Kelley Robinson, presidente di Human Rights Campaign – Le minacce che milioni di persone devono affrontare sono reali, tangibili e pericolose. In molti casi si traducono in violenza, costringendole a cambiare le loro vite e lasciare le loro case per cercare luoghi più sicuri, e innescando un’onda di omofobia e transfobia che mette a rischio la sicurezza di tutti”.

Nel momento in cui scrivo, l’ultima notizia di cronaca in questo senso è quella che riguarda Laura Ann Carleton, 66 anni, uccisa per aver esposto sulla vetrina del suo negozio di scarpe una bandiera arcobaleno. È successo a San Bernardino, in California, dove l’assassino è stato localizzato ed è morto dopo un conflitto a fuoco con gli agenti di polizia. “Questa intolleranza deve finire – ha scritto un amico di Laura, su Instagram – Chiunque usi un linguaggio incitante all’odio contro la comunità LGBTQ+ deve rendersi conto che le sue parole contano, che le loro parole possono ispirare violenza contro persone amorevoli e innocenti. Continuiamo tutti ad andare avanti con tolleranza e amore. Non lasciamo che la tragica morte di Laura sia vana”.

Mentre vado alla fermata del bus per tornare a casa mi accorgo che in alcune case, oltre alla bandiera a stelle e strisce, sventola anche quella arcobaleno. Non sono tante, eppure ci sono. E sembrano lanciare un messaggio. Un grido di speranza e di libertà.

Lamberto Rinaldi

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