Risoluzione ONU e Rapporto sui diritti umani in Palestina

La Risoluzione ONU 181 del 1947 conosciuta come Partition Resolution prevedeva la nascita di due Stati: Palestina e Israele. Finora è stato creato solo lo Stato di Israele, mentre il popolo palestinese continua ad essere sottoposto ad una violenta occupazione militare.

Il 29 novembre ricorre la Giornata Internazionale di Solidarietà con in Popolo Palestinese promossa dall’ONU. Una Giornata che quest’anno assume un significato particolare, mentre si prepara la marcia della Pace che si svolgerà ad Assisi il 10 dicembre prossimo, Marco Mascia del Centro Diritti Umani Papisca e Flavio Lotti della Fondazione Perugiassisi, ricordano cosa stabilisce la normativa internazionale per il riconoscimento dei diritti inalienabili del popolo palestinese e per la costruzione di una pace giusta e duratura in Medio Oriente.

“Questa Giornata ci ricorda che, dei due Stati previsti nella Risoluzione 181 (II) del 1947, conosciuta come Partition Resolution, finora è stato creato solo lo Stato di Israele, mentre il popolo palestinese continua ad essere sottoposto ad una violenta occupazione militare” si legge nel documento diffuso, dall’evocativo titolo ‘Riprendiamo in mano la bussola dei diritti umani”.

Lotti e Mascia ricordano anche che “la Risoluzione 3236 del 1974 dell’Assemblea Generale indica espressamente, tra gli inalienabili diritti del popolo palestinese, il diritto all’autodeterminazione” e che tuttavia “su questo punto si è pronunciata anche la Corte Internazionale di Giustizia, organò dell’Organizzazione delle Nazioni Unite preposto a risolvere pacificamente i conflitti. Nel parere sul “muro israeliano” del 9 luglio 2004, la Corte al paragrafo 118 afferma che “per quanto riguarda il principio di autodeterminazione dei popoli, l’esistenza del popolo palestinese non può essere oggetto di discussione. Il popolo palestinese esiste ed esisteva prima dell’occupazione inglese e prima della partizione del 1948l”, si rammenta nel documento. Eppure questo diritto, del popolo palestinese fatica drammaticamente ad affermarsi.

“ A partire dal 1993, la Commissione e poi il Consiglio Diritti Umani ha nominato sette Relatori Speciali sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati da Israele nel 1967. Nel Rapporto 2022 della Relatrice speciale in carica, Francesca Albanese, si afferma che per oltre 56 anni, l’occupazione militare israeliana ha impedito la realizzazione del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, violando ogni componente di tale diritto e perseguendo intenzionalmente la depalestinizzazione del territorio occupato…L’occupazione israeliana viola la sovranità territoriale palestinese sequestrando, annettendo, frammentando e trasferendo la popolazione civile nel territorio occupato. L’occupazione mette in pericolo l’esistenza culturale del popolo palestinese cancellando o appropriandosi dei simboli che esprimono l’identità palestinese e viola la capacità dei palestinesi di organizzarsi come popolo, libero dal dominio e dal controllo alieno, reprimendo l’attività politica, la difesa e l’attivismo dei palestinesi”, il Rapporto stabilisce anche che “l’occupazione è illegale ed è diventata uno strumento per attuare discriminazione razziale, conquista e annessione e trasformarsi in regime di apartheid. L’apartheid è conseguenza naturale di questo sistema”.

Nel secondo Rapporto, presentato alla Assemblea Generale ONU, il 24 ottobre 2023,la Relatrice afferma che “…mentre consolidava la sua presenza nei Territori Occupati, Israele ha fatto un uso versatile della forza contro la popolazione sotto occupazione, offuscando la distinzione legale tra le operazioni di applicazione della legge e la conduzione delle ostilità. Oltre alla macro-violenza della forza letale e delle punizioni collettive contro i palestinesi, i palestinesi sopportano anche atti persistenti di micro-violenza, tra cui le incursioni militari e la violenza dei coloni, la distruzione e il saccheggio di proprietà e risorse, l’umiliazione, l’arresto e la detenzione a prescindere dalla loro età. I bambini palestinesi vivono in spazi segregati e in comunità colpite dall’ostilità. Il sostentamento delle loro famiglie, l’accesso al lavoro l’assistenza sanitaria, le opportunità di svago, le prospettive future e la mobilità sono controllate tutte da Israele”.

Israele sta violando, nei territori occupati, gli obblighi previsti dalle norme internazionali, dalla Convenzione di Ginevra e dalle Risoluzioni ONU.

In conclusione Lotti e Mascia ricordano la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani “Il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza della umanità”. Dunque “…è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche ( e che tutti le rispettino) se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione”.

Claudio Caldarelli