Emanuele Piazza, l’agente che salvò Falcone ma non se stesso

Era un agente segreto, Emanuele Piazza. Fu ucciso a Palermo il 16 marzo 1990 in circostanze mai del tutto chiarite. Ma che di omicidio di mafia si trattò sarebbe stato chiaro non appena s’iniziò a far luce sulle indagini che stava svolgendo. Piazza, 30 anni al momento della sparizione, aveva iniziato la sua carriera in Polizia, poi diventò collaboratore del SISDE nella ricerca dei latitanti. Quindi dava fastidio già di suo. Figurarsi poi se si metteva a ficcare il naso sul fallito attentato dell’Addaura a Giovanni Falcone. Ma andiamo con ordine. Il giorno della sparizione di Emanuele, suo padre – Giustino – compiva gli anni. Ma il giovane non si presentò ai festeggiamenti. I familiari andarono a cercarlo a casa ma non lo trovarono. Tutti gli indizi, però, facevano pensare che si fosse dovuto assentare all’improvviso: nel lavandino c’era la pasta appena scolata; e per terra la ciotola del cane vuota, con la scatola di cibo aperta e poggiata sulla mensola. Di Emanuele nessuna traccia. Del caso si occupò anche la trasmissione TV “Chi l’ha visto ?”. Che lavorava per i Servizi si sarebbe scoperto solo nel settembre successivo, grazie alla caparbietà investigativa di quel Giovanni Falcone che proprio a Emanuele – come egli stesso affermò – doveva la propria vita. Pare infatti che Piazza si trovasse all’Addaura il 21 giugno 1989, giorno del fallito attentato al giudice, e che insieme al suo collega Antonino Agostino ebbe un ruolo nell’impedire lo scoppio dell’esplosivo che avrebbe dovuto fare una strage. Agostino fu ammazzato il 5 agosto 1989 insieme alla moglie, ed evidentemente Emanuele voleva scoprire gli autori di quell’omicidio prima che arrivassero anche a lui. Ma non ci riuscì. Delle circostanze della sua morte si saprà solo grazie alle rivelazioni del pentito Francesco Onorato, amico e confidente di Emanuele. Non sincero, però. Fu lui ad attirarlo fuori dal suo appartamento con la scusa di farsi accompagnare a Capaci per cambiare un assegno in un vecchio magazzino. Lì Emanuele fu strangolato e il suo corpo fu sciolto nell’acido. Recentemente il fratello di Emanuele, Gianmarco, ha dichiarato che il fratello gli aveva confidato che ad organizzare l’attentato all’Addaura non era stata la mafia ma la polizia. Anche il padre ha confermato che Emanuele stava indagando sull’omicidio del collega Agostino.

di Valerio Di Marco

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