Stelle appannate o cosa?

Cosa rimane di un movimento che avrebbe dovuto innovare la politica italiana
Del programma del Movimento 5 Stelle, come nel simpatico film di Monicelli, sulla Marcia su Roma col duo Gassman-Tognazzi, oggi potremmo metterci a barrare una ad una le voci del loro programma iniziale e segnarsi le loro incoerenze: alla fine dovremmo ammettere che questo movimento politico purtroppo sta fallendo i suoi intenti e si avvia a rappresentare l’ennesima grande occasione sprecata di far rinascere in Italia, un pensiero politico democratico.
Cosa rimane delle 5 Stelle che danno il nome al loro movimento (acqua pubblica; mobilità sostenibile; sviluppo; connettività; ambiente)? Cosa della loro trasparenza, della loro democrazia interna (on line), della loro onestà giustizialista, del loro essere anti-casta? Il bisogno di rappresentare queste sentitissime istanze, ha fatto convergere sul movimento di Grillo un fortissimo consenso, ma alla lunga bisogna prendere atto che salvo qualche progetto di legge arenato in parlamento (obbiettivamente non solo per loro colpa), o il buon lavoro di qualche amministrazione locale (soprattutto quelle guidate da emarginati nel movimento), alla fine ha fatto ben poca cosa. Anzi no, qualcosa di grosso ha prodotto: una moltitudine di fake-news, che hanno riempito la rete italiana di autoelogi e di fumo propagandistico per nascondere i propri errori, incompetenze, incoerenze. Ma fondamentalmente, oggi come oggi il Movimento sta dando ragione ai suoi detrattori politici, sulla mancanza di democrazia interna (vedasi il recente caso delle comunarie di Genova), sulla loro impreparazione, sulla loro inconcludenza e sulla loro sospetta connivenza con figuri della vecchia politica (sull’operato della giunta capitolina, si potrebbe scrivere un libro). Però, più di ogni altra cosa, il loro garantismo a senso unico (solo verso se stessi), tipico malcostume della “vecchia politica” italiana, dà di che pensare, alla pari di scelte che sembrano voler creare un nuovo clientelismo parassitario: una società veramente competitiva, non può pensare ad un reddito di cittadinanza, ma deve allargare il più possibile la partecipazione ad un mondo del lavoro, che garantisca a tutti una retribuzione per una vita dignitosa.
L’appunto che il giornalista Travaglio fa spesso alla gestione Renziana del potere è verissimo e l’incompetenza, la non limpida condotta e le non esemplari alleanze, del governo piddino, sono inguardabili. Ma se poi, le scelte del Movimento, sempre largo di critiche e di distinguo autoreferenziali, ripresentano (in piccolo) gli stessi mali, forse è cosa ancora più inaccettabile
Ogni Movimento politico è necessariamente segnato dall’impronta di chi lo fondi e, di conseguenza, anche fortemente condizionato dalle sue scelte successive, anche quando queste vadano contro gli stessi principi che posero alla sua base. Ma l’accettazione acritica di tutto questo, in seno ai militanti 5 Stelle, è allarmante: se il loro uno vale uno non è solo uno slogan vuoto, allora nemmeno Grillo dovrebbe aver diritto a sovvertire il risultato delle loro consultazioni popolari, del loro voto on line, in materia di scelte locali (qualcuno ricorda che la base romana, a suo tempo aveva votato favorevolmente per l’ingresso del M5S nella giunta-Marino?). Ogni eccezione paventata, allora diventa solo uno squallido alibi ed il Movimento da “democratico” si trasforma in un sultanato, con a capo l’ex comico genovese. Ultimo motivo di sconcerto, poi, in un’entità politica così recente e così incredibilmente focalizzata attorno al fondatore è che con il discarico di proprie responsabilità per quanto pubblicato sul suo sacro e omonimo (!) blog, si è giunti al culmine dell’eterno male della nostra politica, quello dell’irresponsabilità di quanto si dice e si fa. E la sua integerrima militanza, su questo tace…
C’è un passo interessante di un articolo, che può essere più che esemplare a rappresentare il M5S: “… si è presentato come l’anti-partito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo, con la sua promessa di impunità, a una moltitudine incomposta di coprire con una vernice di idealità politiche vaghe e nebulose lo straripare selvaggio delle passioni, degli odi, dei desideri. […] è divenuto così un fatto di costume, si è identificato con la psicologia barbarica e antisociale di alcuni strati del popolo italiano, non modificati ancora da una tradizione nuova, dalla scuola, dalla convivenza in uno Stato bene ordinato e bene amministrato“. Però, questo testo, pubblicato su L’Ordine Nuovo il 26 aprile 1926 e scritto da Antonio Gramsci, era riferito al fascismo…

di Mario Guido Faloci

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