Quelli che verranno

L’Italia che abbiamo di fronte è un Paese lacerato e la mappa post-elettorale che abbiamo imparato a conoscere lo evidenzia plasticamente.

Certamente la trasformazione del panorama politico si è nutrita dei sentimenti ostili della maggioranza degli elettori verso la classe politica e i flussi migratori. Ma non solo.

Il fatto che, per larga parte, il corpo elettorale condivida gli stessi sentimenti non toglie che l’area più ricca e produttiva della penisola abbia premiato una proposta di “liberazione” fiscale mentre il Meridione continui, in qualche modo, a confidare nel sostegno pubblico.

Ecco, allora, che la questione del reddito e delle condizioni materiali di vita si riprende il centro della scena.

Dopo gli anni della grande crisi l’economia italiana è migliorata, ma non per tutti.

L’ultima indagine sul bilancio delle famiglie condotta dalla Banca d’Italia registra che il rischio povertà coinvolge ormai il 23% della popolazione. Il più alto mai registrato da quando, nel 1989, è iniziato questo tipo di rilevazione.

Di fronte ad un aumento del reddito medio del 3,5% rispetto a quello del 2014 (dopo una caduta lunga otto anni) che ha visto crescere i redditi unitari, il numero dei percettori e quello delle famiglie che sono riuscite a risparmiare è aumentata anche la disuguaglianza nella distribuzione del reddito, tornata indietro di trent’anni.

Mentre cresceva il reddito medio equivalente (il reddito di cui dovrebbe disporre ogni membro di una famiglia per avere stesso livello di benessere che otterrebbe vivendo da solo) aumentava anche il numero delle persone a rischio povertà, di coloro cioè che hanno un reddito inferiore al 60% di quello mediano (830 euro al mese nel 2016).

I nuovi poveri sono soprattutto le famiglie giovani, chi vive nel sud del Paese e gli immigrati. Soprattutto ma non solo, perché anche nell’Italia settentrionale il rischio povertà è in aumento e interessa oggi il 15% degli individui.

Allo stesso tempo i ricchi diventavano più ricchi.

Oggi il 5% delle famiglie detiene il 30% della ricchezza totale e un patrimonio netto di 1,3 milioni di euro. Il 30% delle famiglie più povere deve accontentarsi dell’1% della ricchezza nazionale, pari a 6.500 euro.

Ignorare quest’aspetto, e non lavorare per una più equa ripartizione delle risorse, è stato il più grave errore commesso dai governi che si sono succeduti fino ad oggi.

Lavoro, reddito, ridistribuzione sono, oggi come ieri, la vera questione. Resta da vedere se quelli che verranno sapranno fare meglio.

di Enrico Ceci

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