Dalla scomparsa delle lucciole a quella degli intellettuali

Un’era geologica fa esistevano gli intellettuali, i maitres a penser, gli opinion leader. Pensatori in diversi campi formatisi su ponderosi tomi, rigorosi percorsi di studio, cursus honorum, prestigiosi incarichi, molteplici riconoscimenti accademici o comprovata esperienza sui terreni più variegati dell’umano agire comunicativo.  La loro opinione era seguita, eccome, tanto che anche se avversata questo non metteva in discussione il rispetto dovuto alla persona che la manifestava. Anzi, il loro pensiero costituiva un insieme, un intreccio, una tessitura vera e propria che guidava come un corrimano necessario a darsi un orientamento dentro il mosaico pluricromatico, sfaccettato, mutevole costituito dalle complesse società di massa sviluppatesi dopo il secondo conflitto mondiale. Libri, giornali, radio, televisione erano le costellazioni mediatiche da cui ci appariva la luminescenza inconfondibile della loro pur diversa magnitudine. Tra radiazione intellettuale e percezione popolare esisteva una precisa retroazione verticale: dall’alto verso basso, dal basso verso l’alto.

Che fine ha fatto ora il diffuso popolo degli intellettuali? Il cielo notturno della riflessione critica ha inghiottito il loro zodiaco astrale, e il silenzio siderale la loro profonda voce? O è il cielo stesso che è stato inghiottito, insieme a tutto il loro prezioso ricamo cosmico? O la loro scomparsa è assimilabile a quella delle lucciole di cui scrisse Pier Paolo Pasolini nel lontano 1975?

Il filosofo della scienza – egli stesso scienziato, fisico teorico – Thomas Kuhn coniò nel 1962 la celebre espressione “cambiamento di paradigma”. La riflessione critica della scienza conduce a un lento accumulo di dati e considerazioni che mettono via via in crisi tutto il precedente quadro di convinzioni su cui si è formata l’intera comunità scientifica mondiale. Ciò conduce prima a uno scontro tra vecchie e nuove visioni, poi a un rivoluzionamento completo, ossia a un nuovo paradigma, a un mutamento dello sguardo sulla realtà che rende del tutto superate e ormai fuorvianti le precedenti spiegazioni. È quello che è avvenuto sempre nel corso dei secoli, fino alla relatività di Einstein o la fisica quantistica rispetto alla precedente fisica di Newton o elettromagnetica di Maxwell. Il cambiamento di paradigma è in Kuhn concetto strettamente relativo alla scienza, ma si può simbolicamente adottare anche nel campo sociale?

Forse sì, dato che la scienza qualcosa c’entra con la scomparsa delle lucciole intellettuali, di cui proprio Pasolini in Italia era tra le più luminose espressioni. Il cambio di paradigma, infatti, è avvenuto proprio attraverso quel salto della scienza e delle sue applicazioni tecnologiche chiamato Internet. La sua successiva evoluzione e rapida configurazione quale rete circolare avvolge e penetra ormai capillarmente l’intero pianeta. Più o meno negli stessi anni in cui Kuhn precisava la sua teoria, uno geniale studioso dei mezzi di comunicazione, Marshall McLuhan, divulgava un altrettanto celebre espressione: il medium è il messaggio. Cosa significa? Che il contenuto di un messaggio è già insito nel tipo di medium, di mezzo che lo veicola. Le colonne di un giornale sono tali che bisogna scrivere, esprimere i contenuti in un modo che sia non solo adatto a quella precisa forma editoriale ma addirittura che la esalti. Questo, di fatto, ne determina alla fine i contenuti. Inoltre, la scrittura ha non solo una struttura di trasmissione e di ricezione lineare, verticale. Il pensiero discende verticalmente da uno scrittore, da un pensatore a un lettore che lo percepisce e lo elabora in un tempo diverso, posteriore a quello di emissione. Non c’è alcuna circolarità interattiva. Anche se il discorso su radio e TV è diverso, non muta, però, soprattutto ai tempi di McLuhan, la linearità della comunicazione verticale di un conduttore, di un intellettuale che parla da un microfono o da uno schermo televisivo. Le cose cambiano radicalmente con Internet, il web, la rete, i social media.

La connessione e la comunicazione sono circolari, anzi reticolari, e in tempo reale. Ognuno può comporsi la propria play-list della realtà, della verità, della menzogna, del consenso, dell’insulto, della morale, del vizio, della salute e perfino della divinità come vuole. Il medium virtuale, a differenza di quello della stampa e della trasmissione via etere, non ha più bisogno della figura orientativa dell’intellettuale. Fa dono gratuito a ognuno di un delirio di onnipotenza a scala web-planetaria, in cambio della sua anima. Di un’anima che per la prima volta nella storia umana assume consistenza materica, elettronica, individuabile e scandagliabile in quel mucchietto di byte che è il nostro profilo social-mediatico. L’intellettuale si trova in tale mischia tanto virtuale quanto realmente fangosa, illudendosi ancora che la superiorità della comunicazione verticale alla fine tornerà a prevalere. No, non è più così. O sei un influencer che ne capisce più di scarpe, mutande, depilazione bisex che di Platone, Bakunin o lo Spread, o la tua parola è scaraventata nell’implacabile vortice trita-pensieri e parole della GrandeTime Line, che a ogni frazione di secondo ingoia via post eruditi, sacre intenzioni e pie illusioni. La comunicazione da tempo non ha più nulla da comunicare se non sé stessa, in quanto atto che proclama la propria definitiva indipendenza da forme e contenuti, ormai ininfluenti e sottomessi. Più glamour, strepitante, accecante, incalzante è la meta-comunicazione, più essa colpisce e tira giù antiche torri e nobili santuari per edificare idoli più consoni alla spontanea, libera consegna della propria profilata anima al web. I vecchi media vanamente la inseguono e scimmiottano.

Ora soffiano più la boria e la sbornia che la gloria e la storia. Tornerà a fiorire un qualche tenero barlume di lucciola sui prati notturni dei nostri borghi e giardini? Non lo sappiamo ma certamente nel sottosuolo della nostra più stratificata coscienza esse non hanno mai smesso di baluginare: tanto sensibilmente quanto universalmente.

di Riccardo Tavani

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