Le montagne di rifiuti. Una nuova impresa da vincere

“Ci deve essere un modo migliore per fare le cose che vogliamo, un modo che non inquini il cielo, o la pioggia o la terra.”
Sir Paul McCartney

Il 2019 è iniziato con una frizzante ventata di speranza alimentata dal movimento studentesco che ha portato nelle strade e piazze di tutto il pianeta milioni di giovani, spinti da un unico ideale condiviso che si può sintetizzare nello slogan “changing for climate”. Cambiare per il clima rappresenta il dovere civico di rivedere il nostro stile di vita, come singoli individui, come nucleo familiare, come società organizzata ad un superiore livello di complessità per garantirci la vita in un pianeta vivibile in un futuro oramai prossimo.
Un futuro che dati alla mano sembra essere tutt’altro che rassicurante. Dal riscaldamento globale, alle isole di plastica, alle “terre dei fuochi”, alle falde acquifere contaminate, alle piogge acide, tutto è il risultato di un atteggiamento antropocentrico nei confronti della Natura che ci ospita e della quale molto spesso sembriamo dei parassiti, più che partecipanti attivi in logiche ecosistemiche volte al beneficio di tutti i protagonisti in scena.
“Ci deve essere un modo migliore per fare le cose che vogliamo, un modo che non inquini il cielo, o la pioggia o la terra” – Paul McCarteny – ci deve essere si, anche se ad oggi l’unico vero argine sembra essere l’interdizione a fare le cose che vogliamo.

Interdire è incredibilmente più facile e forse sicuro, nel breve periodo, che educare mi viene da pensare. Triste parziale conclusione, ma pragmatica. L’inquinamento è ormai un nemico, attore coprotagonista, in questo millenario atto terzo d.C. Tutti gli ecosistemi ne sono interessati, marini, terrestri, aerei. A tutte le latitudini così come alle altitudini. Siamo perfino arrivati a contaminare con le micrplastiche il ghiacciaio dello Stelvio.

E’ notizia recente che la Cina abbia interdetto l’accesso al campo base del monte Everest dal versante tibetano. Il campo base è facilmente raggiungibile in auto, mentre quello nepalese solo dopo giorni di trekking e probabilmente anche questo fa la differenza, ma le tonnellate di rifiuti che vengono abbandonate incustodite dalle migliaia di turisti che raggiungono le pendici della montagna più alta del pianeta sono una realtà. Cosi come il materiale non riciclabile che viene lasciato lungo le vie di ascesa e discesa dagli stessi alpinisti che invece dovrebbero avere a cuore la salute di questo gigante di roccia, del mito che incarna, delle popolazioni che ospita.
Sono queste ultime infatti a soffrire di più di questo inquinamento di alta quota, perché con la stagione primaverile alle porte e lo scioglimento della neve le tonnellate di rifiuti si riversano verso valle trasportate dalle acque, inquinandole al contempo e mettendo a repentaglio la salute delle comunità locali e delle loro coltivazioni.

Riapertura del versante tibetano ai turisti a data da destinarsi dunque e forte restrizione anche per i permessi di ascesa riservati agli alpinisti rilasciati ogni anno, non più di 300 a quanto pare. Agli alpinisti viene richiesto di lasciare una caparra di 4000 dollari per spedizione, che verrà restituita se ogni alpinista riporterà al campo base una quantità minima di 8kg di rifiuti. Inoltre, una sanzione di 100 dollari per ogni kg in meno di rifiuti recuperati in discesa e riconsegnati nelle mani delle autorità tibetane.
Senza scomodare gli Dei dell’Olimpo e volgendo lo sguardo alle nostre frontiere qualcosa comincia a smuoversi anche sulle nostre montagne, seppur per opera dei nostri cugini francesi.
Da quest’anno infatti l’accesso alla via normale del Monte Bianco, la voie royale, considerata la più facile, sarà rigorosamente regolato da rigide norme.
Sarà infatti possibile intraprendere la via solo se in possesso di una prenotazione in uno dei tre rifugi sull’itinerario — il Goûter (120 posti), il Tête Rousse (74) e il Nid d’Aigle (20) — o nell’area campeggio di Tête Rousse (40 posti). I costi dell’ascensione lievitano: ai circa 1.000 euro della guida alpina vanno aggiunti 100 euro di pernottamento.

Insomma, un necessario giro di vite dopo un decennio e più di turismo di massa e sfruttamento scellerato di patrimoni naturali dell’umanità.

di Riccardo Battista

Print Friendly, PDF & Email