Quando nell’informazione sulle violenze alle donne, gli uomini non vengono raccontati

Nulla di nuovo all’orizzonte. Come spesso succede alle donne viene rimproverato di essere la causa dei loro stessi problemi. Tutta colpa di un’informazione distorta, falsata, snaturata, manipolata. E così ad esempio, quando si parla di stupri, violenze, molestie, gravidanze indesiderate, gli uomini sono assolti da ogni responsabilità.

Immaginate che la storia da raccontare sia una rappresentazione teatrale, ebbene, è come se una mano magica sottraesse dal palcoscenico le presenze maschili, colpevoli di reati ma di poco conto ai fini della narrazione scenica, della regia, mentre tutto il resto, come ad esempio la musica, la scenografia, i gesti delle attrici e soprattutto le luci fossero incentrate esclusivamente sulle figure femminili. A sottolineare e rimarcare il loro ruolo, in questo caso le loro colpe.

E così, tornando alla realtà, ricordiamo ad esempio che l’uomo accusato di aver ucciso otto persone, tra cui sei donne statunitensi di origine asiatica, il 16 marzo scorso in alcuni centri di benessere di Atlanta, avrebbe al momento dell’arresto giustificato il suo inconsulto gesto dicendo che stava cercando di “eliminare le tentazioni”.

Come se altri fossero responsabili dei suoi pensieri, come se il mostruoso atto di togliere la vita piuttosto che imparare a controllarsi fosse giusto. Questo aspetto di un crimine che è stato anche orribilmente razzista riflette una cultura che incolpa le donne per il comportamento degli uomini. L’idea delle femmine tentatrici risale all’Antico testamento ed è sottolineata nel cristianesimo evangelico dei bianchi.

“Se l’è cercata” è tutt’ora la famosa frase che spesso si dice quando una donna viene stuprata. Perché magari indossava una minigonna, o correva in pantaloncini nel parco, e nella mente degli aggressori è colpevole di averli istigati, tentati, stuzzicati, sollecitati nell’impossibilità di tenere a bada i loro stimoli animaleschi.

A volte gli uomini sono esclusi dalla storia, invisibili attori sottratti dal palcoscenico. E si chiude il sipario.

Così, dall’inizio della pandemia molte donne sono state costrette ad abbandonare la carriera, a lasciare il lavoro perché nelle famiglie è scontato che siano loro a doversi occupare delle faccende domestiche e in particolare della crescita dei figli. Sono le donne ad aver pagato maggiormente in ogni ambito della loro vita, sono le sole che hanno dovuto rinunciare a qualcosa o a tutto, come se l’impegno della gestione della casa fosse un aggravio caduto dal cielo e non un atto imposto dal coniuge.

Il problema di come vengono raccontate le cose è spesso una delle cause principali. Se ci facciamo caso, il modo più comune di parlare di casi di omicidio, stupro, violenza domestica, molestie, gravidanze indesiderate, povertà delle famiglie con madri single e una miriade di altri fenomeni, consente sempre di lasciare gli uomini fuori dal quadro. La stessa informazione li assolve dalle loro responsabilità.

In No visible bruises (Nessun livido visibile), un libro del 2019 sulla violenza domestica, Rachel Louise Snyder osserva che la reazione comune è spesso “perché non se n’è andata?” piuttosto che “perché lui era violento?”.

Alle donne che subiscono molestie e minacce per strada viene detto di limitare le proprie libertà e cambiare comportamento, atteggiamento, come se le minacce e la violenza maschile fossero qualcosa che non si può correggere, non qualcosa che può e deve cambiare.

E senza voler edulcorare la realtà, diciamo pure a voce alta che lo stupro è un reato di cui spesso è considerata responsabile la vittima, invece dell’autore. Ancora una volta gli uomini vengono eliminati dalle storie di cui sono protagonisti.

Escludere i responsabili da questo modo di raccontare le cose significa proteggere gli autori dei crimini, sia come individui sia come classe, anche se si finge attenzione per chi ha subìto gli abusi.

Così, a volte gli uomini sono esclusi dalla storia, invisibili attori sottratti dal palcoscenico di una vita fallita. E si chiude il sipario.

di Stefania Lastoria

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